Tzipi Livni, ministro della Giustizia, parla di “governo estremista”, così Benjamin Netanyahu lo licenzia insieme al ministro dell’Economia, Yair Lapid, e annuncia le elezioni anticipate. Non vuole ostacoli sul suo cammino il premier israeliano che, dopo l’approvazione della nuova legge che dichiara Israele “Stato della Nazione ebraica”, ha ricevuto numerose critiche e attacchi anche da parte dei rappresentanti più moderati del governo. Lui, però, non ha intenzione di fermarsi: “Se continuano le critiche, si va a elezioni anticipate”, aveva detto pochi giorni fa.

Così è stato. Dopo l’incontro “chiarificatore” di lunedì tra il premier e Lapid, leader del partito centrista Yesh Atid, Netanyahu ha deciso di fare fuori gli oppositori alla sua linea radicale e di andare al voto anticipato. “Elezioni non necessarie” le ha definite Lapid, che vede nella scelta e nelle minacce di Netanyahu solo un modo per costituire un nuovo Governo di estrema destra più fedele alla sua linea. La scelta del premier potrebbe nascere dai dati relativi ai consensi al suo mandato, analizzati con attenzione negli ultimi anni: dopo la decisione di intervenire a Gaza con un’operazione di terra, il gradimento della popolazione israeliana per le politiche di Netanyahu era cresciuta notevolmente, ma aveva anche conosciuto un crollo del 50% dopo il cessate il fuoco. L’approvazione di nuovi insediamenti nei territori occupati e l’inasprimento delle leggi dopo gli attentati palestinesi che hanno insanguinato Gerusalemme e la West Bank hanno portato nuovamente i consensi al Governo a livelli molto alti. In questo contesto si inserisce la decisione di dichiarare Israele lo Stato della Nazione ebraica: una scelta che poteva sicuramente incontrare l’opposizione delle frange più moderate, ma che porterà nuovi consensi al leader del Likud dall’ala più estremista. Un appoggio che gli garantirebbe una rielezione con largo consenso e la formazione di un governo di estrema destra. La possibilità di concludere il suo mandato sostituendo i membri di Yesh Atid con rappresentanti della destra ortodossa israeliana sembra non essere, per il momento, una strada praticabile.

Proprio questa è la tesi sostenuta da Lapid che accusa Netanyahu di aver forzato una “svolta a destra”, spingendo gli insediamenti ebraici a Gerusalemme est e in Cisgiordania, e non facendo avanzare il processo di pace con i palestinesi. “Netanyahu è un irresponsabile – ha dichiarato Lapid, che nelle ultime settimane si è scontrato duramente con il premier israeliano -, preferisce un accordo con gli ultraortodossi per anticipare le elezioni rispetto agli interessi di una parte più grande degli israeliani”. La riluttanza del ministro delle Finanze ad appoggiare la legge sulla costituzione di una Nazione ebraica ha portato, secondo l’interpretazione di Lapid, a un boicottaggio del Primo Ministro del progetto di azzerare l’Iva per alcuni acquisti. Da quel momento sono nati gli scontri che hanno portato al licenziamento di Lapid e Livni, altro contestatore della nuova legge e che parla di Governo “estremista, provocatorio e paranoico” che “incita una parte d’Israele contro l’altra”.

 

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