programa Podemos podemos dossierAdelante, usciamo dal fiume soffocante”, si apre con una citazione di Pablo Neruda il programma economico presentato pochi giorni fa da Podemos, il movimento della sinistra radicale che con l’exploit alle elezioni europee dello scorso maggio ha scosso lo scenario pubblico spagnolo, da sempre fondato sul rigido bipolarismo tra i conservatori del Partido Popular (Ppe) e i progressisti del Partido Socialista y Obrero (Psoe).

Un progetto economico per la gente” è il titolo del dossier che vuole essere una proposta per democratizzare l’economia, nel segno dell’equità, del benessere e della qualità della vita. Un programma ambizioso che in una congiuntura difficile intende fare ricorso a “massicce dosi di pragmatismo”, un realismo che non vuole rinunciare ai sogni, come si legge nel documento politico.

Belle intenzioni, vecchie ricette, qualche utopia, però esigue le risposte concrete, rare le indicazioni su come reperire le risorse per allontanare le nuvole buie della recessione. Questo emerge dalla lettura delle 68 pagine del programma elaborato da Vicenç Navarro e Juan Torres López, due professori universitari di economia vicini alla formazione guidata da Pablo Iglesias. Le misure keynesiane sono viste come l’unica possibilità di rilancio dell’economia, la risposta all’austerità teutonica da ricercare nelle iniezioni di denaro pubblico, soluzione ideale per sostenere la domanda, stimolare gli investimenti, creare occupazione. La globalizzazione neoliberale, secondo Podemos, è il vero fardello che incide sulle capacità di manovra dei governi nazionali, la moneta unica viene vissuta come una “ratonera”, una trappola per le popolazioni che la subiscono, ad esclusivo vantaggio delle cancellerie più potenti e delle corporazioni bancarie.

Quindi enunciati che oscillano tra il nebuloso e l’onirico: una nuova etica bancaria, maggiore partecipazione pubblica nel sistema bancario, una norma costituzionale che consacri il finanziamento statale all’economia come servizio pubblico essenziale. Infine le misure che dovrebbero favorire produttività e svolta socio-economica: reddito minimo di cittadinanza, pensionamento non oltre i 65 anni, introduzione per legge delle 35 ore settimanali, eliminazione degli incentivi al lavoro straordinario e al lavoro part-time. Il filosofo napoletano Giovanbattista Vico vaticinò la “teoria dei corsi e ricorsi storici”, qui sembra che, in forme diverse ma con la stessa sostanza, si stiano per riproporre i vecchi slogan che la sinistra extraparlamentare urlava nelle piazze italiane nella metà degli anni settanta.

Nei prossimi mesi vedremo se il “progetto economico per la gente” sarà il definitivo trampolino di lancio del movimento di Pablo Iglesias verso l’ampia affermazione annunciata dai sondaggisti nelle consultazioni per il rinnovo del Parlamento, o se – come sostengono i detrattori della formazione- contribuirà ad avvicinare la traballante economia spagnola al sistema venezuelano post chavista.

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