Dear Baby Deer è un progetto musicale macinato nel freddo etereo della Finlandia, dove ha visto la luce tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. È l’alter ego solista di Gianluca Spezza, già co-fondatore alla fine degli anni ’90 dei Divine, protagonisti di una breve ma nodale avventura con il “CPI”, il Consorzio Produttori Indipendenti di Giovanni Lindo Ferretti. Quando la sinistra era ancora un po’ di sinistra, Ferretti sembrava ancora Ferretti e i suoi Csi dettavano la linea, l’epica e l’ethos al rock nazionale, il fiore dei Divine ebbe il tempo di sbocciare in due album – uno mai pubblicato – e in un anno di concerti, in solitaria o insieme ai vari membri del Consorzio (gli stessi Csi, i Disciplinatha, gli Ustmamò, i Marlene Kuntz…). Alcuni di questi, come i Marlene, poi esplosero. I Divine no, in teoria scomparvero presto all’orizzonte; eppure sprigionano oggi la stessa immacolata energia di allora, se li si riascolta.

Sette pezzi scritti, arrangiati e suonati autarchicamente da Gianluca, cuore gentile e selvaggio

Erano gli anni dello shoegaze, del primo trip-hop, dei dischi dream-pop della 4AD; quel tempo lontano e oggi rivivente, fluttuante appena sopra le nuvole, di band come Red House Painters, My Bloody Valentine, Mazzy Stars. E tutto si ricrea, nulla si disperde nell’artigianato e in questo secondo Ep di Dear Baby Dear, intitolato “Tryst” (letteralmente, “un incontro sentimentale tenuto segreto”): sette pezzi scritti, arrangiati e suonati autarchicamente da Gianluca, cuore gentile e selvaggio: se esistesse un Paradiso, chiamerebbero forse lui per comporne la colonna sonora. L’unica Presenza Extra che aleggia nel disco, è quella, splendente, di Lilia, next big thing dell’indietronica tricolore, anzi, dell’elfotronica. Segnatevi anche il suo nome. È Lilia, la sua fata, la sua Hope Sandoval.

Se esistesse un Paradiso, chiamerebbero forse lui per comporne la colonna sonora

Seguendo lo stesso principio con cui le superfici fresche generano rugiada condensando gli infiniti umori del mattino in minuscole gocce, Dear Baby Deer distilla l’essenza di quindici anni di sensazioni. Musica per chi è in volo. “Tutti gli elementi hanno la stessa importanza – spiega Gianluca Spezza -. La voce è uno strumento come gli altri. Ogni nota è preziosa. Lavorare sul suono, sulla singola nota, prima da sola, poi immersa in riverbero, delay e altro, è un lavoro artigianale. Io non uso loop in fase compositiva o di registrazione. Anche la batteria viene fatta mettendo in fila un suono dopo l’altro, scegliendo ogni tipo di percussione. Per tutti gli strumenti registro sempre ogni singola pista separatamente, come se ci fosse una band di quattro o cinque elementi intorno a me. Come se fossimo ancora nel 1994. Solo dopo si lavora sugli effetti, con la tecnologia moderna. I tuoi dischi non devono suonare come quelli che hai sentito in qualche locale o alla radio. Devono suonare come vuoi tu”.
Il risultato è morbido, avvolgente, atmosferico, sognante, caldo, materico, distante ma cullante, intessuto qua e là di suoni preziosi, chitarre dolci, riverberi posati, rumori che non degenerano, melodie imbottite di speranza e di catarsi. Tryst esce in questi giorni su Bandcamp. Questo il link per scaricarlo.

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