Centomila euro per valorizzare beni archeologici abbandonati dagli anni ’30 in un magazzino del Celio. Un “tesoro nascosto di Roma“. Denaro privato, investito da Enel Green Power con la regia del Campidoglio. Finalmente una buona notizia? Forse sì, “ma per gli studenti americani”. Proprio così: l’investimento prevede di trasportare i reperti capitolini oltre oceano, dove saranno studiati e restaurati per una futura esposizione. I centomila euro, tanto per cominciare, vanno in un’università del Missouri. Poi in altri 9 atenei, rigorosamente non italiani, scelti da Enel. “Finirà che per lavorare dovremo pagare noi”, sospira Daniele, uno dei cento e passa archeologi che si sono incontrati al Campidoglio e hanno circondato la statua di Marco Antonio con un girotondo di protesta. “Noi non siamo a costo zero” è il loro slogan; la richiesta a Ignazio Marino, sindaco di Roma, e all’assessorato alla Cultura è di riportare a casa il tesoretto. “Enel è un privato – riconosce Alessandro Pintucci, una delle voci della protesta – con i suoi soldi fa quello che vuole. Ma com’è possibile che lo Stato non sia in grado di governare e indirizzare i finanziamenti, in un periodo in cui non girano soldi né pubblici né privati? Negli ultimi due anni i posti accademici nelle università italiane sono diminuiti del 20 per cento. Invece, grazie ai nostri reperti, in America viene aperta una cattedra universitaria ad hoc. Un capolavoro: siamo riusciti a delocalizzare pure l’archeologia, oltre al lavoro” di Tommaso Rodano
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