​“Renzi sbaglia a dire che conta il risultato non l’astensione. Le elezioni non sono una partita a poker: chi vince deve governare 5 anni e farlo con un deficit di legittimità non è una buona cosa. Dopo arrivano le conseguenze”. Roberto Balzani, sfidante di Stefano Bonaccini alle primarie per la corsa alla Regione, e renziano deluso, attacca senza esitazioni il premier, il nuovo governatore e l’establishment del Pd. Parla dal raduno dei ribelli renziani: L’Ubalda. Si chiama così l’appuntamento fissato da Balzani dopo il voto, in una sala a pagamento. “L’Ubalda quel gran pezzo dell’Emilia e della Romagna”, un titolo che è un omaggio a Edmondo Berselli, al film degli anni ’70 con la Fenech ma soprattutto è un modo di contrapporsi ironicamente alla Leopolda di Matteo Renzi.

La vera notizia, però, è la partecipazione. Stipata la sala, posti tutti occupati e gente in piedi, almeno 150 i presenti. Un’affluenza, a urne ormai chiuse, che stride con il dato dell’astensionismo. La protesta contro la “ditta” che ha sostenuto Bonaccini alle elezioni è evidente. Balzani, in apertura, legge, riadattandolo satiricamente all’Emilia-Romagna del dopo flop alle regionali, un racconto del 1957 di Italo Calvino, rivolto polemicamente al Pci di Palmiro Togliatti. Titolo: “La grande bonaccia”, un evidente riferimento a Bonaccini “inviato dalla capitale”. Si parla ironicamente della gestione del partito post -regionali e delle grane della Regione, a partire dalla questione Hera. “Sfortunatamente per voi non sono Italo Calvino. Fortunatamente per noi – è la chiosa di Balzani- Bonaccini non è Palmiro Togliatti”. “L’ironia e lo sfottò – commenta prima di iniziare – sono un atto d’amore verso la politica”.

La serata è condotta da Piergiorgio Licciardello, presidente del Pd bolognese. Intervengono Paola Bonora (Laboratorio urbano) su ambiente e consumo di suolo e Mauro Moruzzi (ex Cup 2000) sulle partecipate. In platea, tra gli altri, i consiglieri regionali Giuseppe Paruolo e Valentina Ravaioli, il presidente dell’Istituto Beni culturali Angelo Varni e l’ex assessore regionale Gianluca Borghi. Arriva anche il segretario del Pd di Bologna, Raffaele Donini, che parla di un “contributo ad una fase politica nuova che dobbiamo costruire”, certo che il primo segnale di cambiamento arriverà dalla composizione della nuova giunta (di cui ha forti possibilità di essere assessore) anche se – ribadisce – “ho piena fiducia nelle scelte che farà Bonaccini”. E proprio sulla nuova giunta, Balzani oggi ha posto un out out: “Se il tasso di innovazione sarà basso credo che sarà necessario il congresso per capire dove andare”, prospettando una conta nel partito. L’ex sindaco di Forlì, o chi per lui, è pronto a dare battaglia per il congresso regionale Pd d’inizio 2015, dove favorito è il braccio destro di Bonaccini, Paolo Calvano. Ad ascoltare Balzani anche il numero due del Pd di Bologna, Marco Lombardo, altro grande sostenitore di Bonaccini alle primarie di settembre e indicato come uno dei possibili successori di Donini alla guida del partito.

All’ “Ubalda” sono diverse, cosa non facile da sentire in questi giorni, le dichiarazioni di chi riconosce la débacle del Pd, sottolineata dall’astensione alle urne. “Il filo tra gli elettori e chi si occupa di politica – scandisce Balzani – è stato reciso. Non è accettabile rimettere insieme i pezzi come se nulla fosse successo. Abbiamo organizzato quest’incontro per ricominciare a parlare di politica a partire dallo sciopero del voto del 23 novembre”. “Il Pd originario – denuncia – era un partito aperto, c’era pluralità e dibattito. Tutti elementi che sono mancati”. “Sulla partita delle primarie – scandisce – Renzi ha fatto un accordo con il Pd in cui io non ero previsto”. Balzani riconosce che l’“effetto Renzi”, cioè l’astensione come protesta alle politiche del premier, è stato “uno dei fattori della scarsa affluenza”, precipitata al 37%. Gli altri due: “l’inchiesta sulle “spese pazze” e l’insufficienza dell’offerta politica dei candidati”. Ma Giuseppe Paruolo renziano della prima ora, riconfermato consigliere regionale, smentisce, come del resto fa quasi tutto il Pd in un fronte compatto, che ci sia stato un “effetto Renzi”. Non si sottrae comunque ad un’analisi del voto.

“La gente ha voluto mandare un segnale di rigetto verso dei politici che sono stati percepiti come persone che, in Regione, pensavano solo a se stessi” ma l’astensione – spiega – non è partita dalla categoria dei lavoratori iscritti al sindacato e “la Fiom ha solo voluto mettere il cappello ad un fenomeno che ha altre ragioni”. Paruolo chiede a Bonaccini una giunta dove gli assessori siano scelti perchè “capaci” e non personaggi dello “star set” (si è parlato, in questi giorni di un incarico a Nicoletta Mantovani, già assessore della giunta comunale di Delbono, mentre la sociologa Elisabetta Gualmini ha rifiutato un eventuale assessorato). “Più rinnovamento ci sarà meglio è” sottolinea Paruolo.

“Non è certo colpa di Renzi se c’è stata scarsa affluenza – protesta convinta Raffaella Santi Casali, consigliera comunale renzianissima – su tantissime schede nulle c’era scritto “ladri” affianco al simbolo del Pd. Gli elettori erano disgustati e i circoli sono vuoti. E Renzi con questo non c’entra niente”. Il Pd la prossima settimana riunirà la sua segreteria e la direzione per fare un’analisi del voto che, in questi giorni, è già iniziata nei circoli.

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