Cinema

Torino film Festival, Mirafiori Lunapark fiaba disincantata su ex operai Fiat

“Ho trovato questa idea folgorante: come quei personaggi giapponesi dopo la guerra, anche questi tre sembrano gli ultimi rimasti a difendere questo posto. Tutti se ne sono andati, ma loro vogliono continuare a stare dentro” dice il regista Mimmo Calopresti produttore della pellicola

di Davide Turrini

Il mondo del lavoro? È una ruota, pardon una giostra, che gira. Lo racconta con le immagini di un piccolo film fiabesco e disincantato Stefano Di Polito con Mirafiori Lunapark, lungometraggio presentato nella sezione Festa Mobile al 32esimo Torino Film Festival. Tre attempati pensionati ex operai Fiat (interpretati dal tris d’assi Antonio Catania, Alessandro Haber e Giorgio Colangeli), quelli che hanno visto la catena di montaggio, gli scioperi e le lotte sindacali, la marcia dei 40mila e infine la cassa integrazione, provano a capire qualcosa dell’attuale mondo del lavoro fatto di co.co.co. e flessibilità assortite. Impresa durissima, addirittura impossibile.

Fonte di scontri, a tavola, con la generazione dei figli quarantenni, ma anche possibile gioia per la generazione che verrà dei nipotini. Come se non bastasse il disorientamento che tocca loro vivere in un mondo alieno, i tre vengono perfino cacciati con le ruspe dagli orti che coltivano. Franco, Carlo e Delfino decidono allora di occupare la fabbrica dove hanno prestato servizio per 35 anni: la Fiat Mirafiori, località Mirafiori Sud, Torino. La grande fabbrica dove si produceva la 131 o la Uno con motore Fire: inaugurata senza badare a spese con una monumentale parata del Duce nel 1939, giunta all’apice della sua potenza produttiva a metà anni settanta, ridotta oggi a produrre un solo modello, l’Alfa Romero Mito.

Un film fiabesco e disincantato quello di Stefano Di Polito interpretato dal tris d’assi Antonio Catania, Alessandro Haber e Giorgio Colangeli 

Il terzetto, non senza ostacoli, invidie e problemi con la legge riprenderà possesso della sala presse e verniciature, e invece di una qualche ristrutturazione aziendale ricomporrà un sognante e fanciullesco luna park. “Avevo paura di perdere il ricordo di questi eroi operai fermatisi agli anni ’80, avevo paura si dimenticassero i loro valori, la loro dignità, la loro idea di giustizia sociale; poi volevo ringraziarli perché attraverso il lavoro e la fatica ci hanno garantito un futuro felice”, spiega Di Polito al fattoquotidiano.it, “sono figlio di operai Fiat, mia madre con orgoglio dice di avermi portato in fabbrica già quando ero nel suo grembo e fino all’ultimo mese di gravidanza. E Franco è mio padre, quindi il film ha chiaramente uno spunto autobiografico”.

Difficile non scorgere il complicato trapasso generazionale che salta con sfiducia una fascia d’età e finisce direttamente e con fiducia ai nipotini dei protagonisti. Come è difficile non vedere in controluce la rappresentazione di un mondo urbano e sociale che, con lo spegnersi della fabbrica Fiat, ha rivoluzionato anche le modalità di vita di un quartiere nato praticamente come isola felice degli operai: “Sembrerà paradossale ma Mirafiori è talmente cambiata dagli anni ottanta che oggi se lavori nell’indotto Fiat non ti fanno comprare l’appartamento perché ti giudicano a priori insolvente”, racconta Di Polito, “io vado a pranzo dai miei la domenica e soffro perché vedo che la ricerca che quegli operai fecero anche urbanisticamente per una vita migliore non c’è più”.

500mila euro di budget, è prodotto da Eillen Tasca e dal regista Mimmo Calopresti: “Ho trovato quest’idea folgorante”

Mai come in Mirafiori Lunapark il territorio e lo spazio diventano protagonisti simbolici e cinematografici della neorivoluzione industriale italiana: “Durante i sopralluoghi cercavamo una fabbrica che avesse ancora la catena di montaggio ma abbiamo trovato solo fabbriche vuote. Allora è stata chiara la funzione del nostro lunapark. Riempire uno spazio fisico per colmare un vuoto emotivo. Accanto alla rimozione delle catene di montaggio, si è verificata una rimozione generale del “tema operaio” sparito lentamente dall’agenda dei media e dal dibattito culturale”. Già, tra Jobs Act e riforme di ogni sorta, sembra che il mondo del trio Franco, Carlo e Delfino sia storia antica: “Le differenze ci sono, ma io so cosa direbbero i tre protagonisti a Renzi: vieni qui in fabbrica otto ore a lavorare con noi. E voglio vedere se dici ancora che il sindacato non serve. La colpa di questo scempio? Il mondo della finanza che ha fatto saltare tutto. Sono giocatori di videopoker senza scrupoli e sulla pelle della gente che la politica ha lasciato più o meno volontariamente fare”. Mirafiori Lunapark, 500mila euro di budget, è prodotto da Eillen Tasca e dal regista Mimmo Calopresti. Quest’ultimo avendo vissuto la stessa situazione sociale di Di Polito a Torino si è immedesimato nella storia e l’ha anche cosceneggiata e simpaticamente interpretata: “Ho trovato questa idea folgorante: come quei personaggi giapponesi dopo la guerra, anche questi tre sembrano gli ultimi rimasti a difendere questo posto. Tutti se ne sono andati, ma loro vogliono continuare a stare dentro”.

Il trailer di Mirafiori Lunapark

Torino film Festival, Mirafiori Lunapark fiaba disincantata su ex operai Fiat
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