Padre Alejandro Solalinde è il sacerdote messicano che nell’ottobre 2014 ha denunciato la responsabilità del governo e delle istituzioni nel caso dei 43 studenti scomparsi ad Ayotzinapa in Messico. Un’accusa basata su fonti riservate che nel corso delle settimane è diventata concreta con l’arresto del sindaco di Iguala colluso con il narcotraffico. Fino a quel momento, le autorità ufficiali messicane avevano minimizzato il caso riducendolo ad uno scontro tra gruppi criminali rivali. Oggi il sacerdote messicano, ospite della Carovana per i Migranti che ha fatto tappa a Lampedusa, ha lanciato una nuova accusa contro l’esercito: “Un’ipotesi possibile è che i corpi degli studenti di Ayotzinapa siano stati bruciati nei forni dell’esercito – spiega Solalinde – ci sono diverse prove a questo proposito tra cui la connessione tra la famiglia Abarca (n.d.a. il sindaco di Iguala è tutt’ora in carcere con l’accusa di aver ordinato il massacro insieme alla moglie) e le forze armate”. Nelle scorse settimane, si sono intensificate le minacce nei confronti del sacerdote, da anni impegnato nel campo della tutela dei migranti. L’ultima della lista è la falsa notizia della sua morte pubblicata in un tweet anonimo. Ma Solalinde insieme ai familiari degli studenti scomparsi continua a chiedere verità denunciando quello che sta accadendo nel paese: “Il Messico sta diventano una macchina perfetta per far sparire le persone. Negli ultimi anni sono oltre 140mila le persone scomparse senza contare gli oltre 10mila migranti morti nell’attraversare il deserto” di Simone Bauducco
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