Cultura

Djerba, “l’isola dei sogni” è un museo a cielo aperto. Protagonista la street art

Uno scenario insolito per un progetto di questo tipo, ma i suoi paesaggi e le sue architetture offrono “tele naturali” per gli artisti e, soprattutto, l’idea alla base di Djerbahood è far immergere grandi personalità dei graffiti all’interno di un ambiente urbano decisamente differente dalla canonica “città occidentale”

di Francesca Polacco

Benvenuti a Djerbahood, il museo a cielo aperto grande quanto una città. Si tratta del primo progetto di street art permanente su vasta scala al mondo che ha come protagonisti 150 artisti provenienti da 30 Paesi impegnati sui muri di Er-Riadh, un villaggio sull’isola di Djerba, in Tunisia. Una volta famosa come “l’isola dei sogni”, Djerba è ora una delle destinazioni turistiche più visitate della Tunisia, conosciuta principalmente per La Ghriba, una delle più antiche sinagoghe meta di pellegrinaggi. Tra i nomi di spicco che hanno prestato la loro opera a Er-Riadh ci sono BomK, Liliween, Shoof, Roa, C215, Faith47, Know Hope, Herbert Baglione, eL Seed e molti altri. Ma a lanciare l’idea e a coordinare il progetto è stato Mehdi Ben Cheikh, un professionista franco-tunisino della street art e fondatore nel 2004 della Galerie Itinerrance a Parigi che, grazie alla sua passione e alla sua enorme ambizione, è riuscito a organizzare mostre strepitose in spazi destinati alla demolizione o da rivalorizzare. Questa volta la sua ambizione lo ha spinto davvero oltre. Solitamente i graffiti non sono ben visti, ma ciò che è successo a Er-Riadh è qualcosa di unico: Ben Cheikh per la realizzazione delle opere è riuscito a ottenere il consenso del sindaco di Djerba e delle altre autorità locali, che hanno concesso che si disegnasse anche sulle facciate delle scuole e dei cimiteri, e il permesso dei proprietari dei muri e degli appezzamenti di terreno.

Gli street artist hanno cercato di innescare un dialogo profondo con le architetture e la magia dei paesaggi tunisini e un contatto quotidiano con gli abitanti

Mehdi Ben Cheikh, 39 anni, oltre a cercare artisti su internet, a studiarli per anni, per poi invitarli nella sua galleria e coinvolgerli nei suoi progetti, cerca muri, muri pubblici autorizzati per sfuggire a complicazioni penali. Djerba è uno scenario insolito per un progetto di questo tipo, ma i suoi paesaggi e le sue architetture offrono “tele naturali” per gli artisti e, soprattutto, l’idea alla base di Djerbahood è far immergere queste grandi personalità della street art all’interno di un ambiente urbano decisamente differente dalla canonica “città occidentale” con l’obiettivo di instaurare un nuovo tipo di rapporto tra l’arte urbana, gli scenari mozzafiato e la gente del posto, in un’inedita alchimia capace di sviluppare spunti interessanti. Gli street artist, infatti, hanno cercato di innescare un dialogo profondo con le architetture e la magia dei paesaggi tunisini e un contatto quotidiano con gli abitanti per dare un aspetto completamente nuovo a questi luoghi incontaminati senza però macchiare l’immagine quasi sacra che trasmettono.

Creare un incrocio di culture è ciò che Mehdi Ben Cheikh aveva in mente: “ebrei, cristiani e musulmani qui hanno vissuto in pace per oltre 2000 anni. Il mio obiettivo era consolidare questa convivenza e offrire ai disegnatori una tela unica nel suo genere”, ha dichiarato il gallerista. Djerbahood, dunque, è un progetto “diverso” e realmente maestoso inaugurato lo scorso settembre che proseguirà fino a giugno del 2015, quando tutti avranno finito di lavorare sui muri del villaggio. “È una vera mostra con una vera scenografia. Ho dato a ciascun artista un muro e abbiamo discusso insieme dei lavori da realizzare”, ha spiegato Ben Cheikh.
Più di 100 opere sparse per la città, dagli stravaganti disegni del britannico Phlegm, alle provocazioni del peruviano Elliot Tupac e addirittura simpatiche figure arabe simili a supereroi, tutto nel massimo rispetto del contesto e della cultura locale.

“ebrei, cristiani e musulmani qui hanno vissuto in pace per oltre 2000 anni. Il mio obiettivo era consolidare questa convivenza e offrire ai disegnatori una tela unica nel suo genere”

Abdel Kader, 63 anni, commerciante di Er-Riadh, tornando a casa, si è fermato a parlare con qualcuno degli street artist e ne è rimasto affascinato: “L’arte è importante, ci aiuta ad aprirci agli altri, alle altre culture e sono grato a questo progetto perché mi ha permesso di incontrare gente di tutto il mondo, di viaggiare idealmente e di aprire la mia mente”. Il principio di ogni singolo murales, infatti, è quello di coniugare, senza sopraffare, l’architettura preesistente e soprattutto lo spirito della popolazione con le peculiarità grafiche di ciascun artista. “Stiamo riportando in strada l’arte di strada, dove può essere vista da tutti gratuitamente. È un apertura al mondo”, ha detto con orgoglio Ben Cheikh.

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