Informalità, confidenze, favori, informazioni riservate. L’inchiesta milanese su Unipol-FonSai ha gettato un pizzico di luce sui rapporti tra controllori e controllati e quel poco che si vede non è tranquillizzante. All’epoca dell’annuncio dell’operazione destò scandalo il fatto che il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, avesse avuto un incontro informale con l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, per informarlo che se non fossero stati modificati i termini, l’autorità di vigilanza non avrebbe potuto dare il via libera all’acquisizione. Un doppio scandalo, sia perché non è opportuno che il presidente di un’Authority abbia questo genere di interlocuzioni con i soggetti vigilati, sia perché formalmente Mediobanca non giocava alcun ruolo in commedia a parte quello di grande creditore del gruppo Ligresti e della stessa Unipol e di coordinatore dei consorzi di garanzia per i due aumenti di capitale. Sia Unipol sia i Ligresti avevano i loro consulenti finanziari e legali e tecnicamente erano gli unici soggetti titolati a trattare e discutere le condizioni e a interloquire con le Autorità di Vigilanza.

L’anomalia di questo incontro Nagel-Vegas è dunque forte, ma purtroppo non è l’unica: dalle carte del filone dell’inchiesta sul papello Nagel-Ligresti depositate venerdì scorso, emerge infatti una straordinaria consuetudine di rapporti tra Consob e Mediobanca, così come era già emersa con l’Isvap, l’ex Autorità di controllo sulle assicurazioni travolta dagli scandali dei mancati controlli sul gruppo assicurativo della famiglia Ligresti. Agli atti c’è infatti una serie di intercettazioni sull’utenza di un dirigente di Mediobanca, Stefano Vincenzi, definito dalla procura di Milano il “plenipotenziario di Mediobanca nella definizione della sorte del gruppo Fondiaria”. Ruolo che era emerso con chiarezza nel corso dei contatti con il vicedirettore generale dell’Isvap, Flavia Mazzarella, e che emerge ancora più chiaramente nei mesi successivi, nella gestione dei rapporti con la Consob e in particolare con il responsabile della Divisione Informazioni Emittenti, Angelo Apponi.

Dalle telefonate emerge una grande confidenza, un gran numero di incontri vis à vis, scambi di informazioni non strettamente legate a quello che dovrebbe essere il normale rapporto tra controllato e controllore. Addirittura scambi di informazioni riservate su altri emittenti. Un esempio? In una telefonata, siamo a dicembre 2013, Vincenzi dice al suo interlocutore – un collega di Mediobanca – che “purtroppo ci salta la riunione con Vegas a Milano […] perché hanno dei problemi in Toscana giganteschi”. L’interlocutore gli chiede di che cosa si stanno occupando e Vincenzi dice che in Consob è andata la Fondazione del Monte dei Paschi, “c’hanno un casino, magari te lo spiego a voce martedì, questi vogliono votare contro […] sono andati là da loro (cioè in Consob, ndr) sembra che si dimettono, succede un casino, cioè non lo so adesso. Questi vogliono costringere a votare a favore con le buone o con le cattive , ma parliamone a voce va…”. Uno scambio davvero inusuale, considerando anche che Monte dei Paschi è una banca quotata e che i funzionari Consob sono obbligati al segreto d’ufficio. Ma non basta.

Oltre alle informazioni, peraltro preziose, il controllore Consob sembra fare più di un favore al controllato Mediobanca. Da un’altra telefonata di Vincenzi al suo collega, in data 8 gennaio 2014, emerge che su una determinata operazione “non hanno trovato elementi ostativi” e che gestiranno “loro (la Consob, ndr) con Borsa Italiana la cosa senza scoprirci, per ora. Quindi ottengono diciamo un ok di Borsa Italiana sull’operazione di massa e poi andiamo noi a parlarci”. Il collega chiede se la Consob gestirà davvero così la cosa e Vincenzi risponde che la Consob dirà a Borsa Italiana “c’è un’operazione che si potrebbe fare così, secondo noi funziona etc. etc. è meglio, se no poi questi (Borsa Italiana, ndr) dicono magari qualcosa che contrasta con quello che decidono loro, capito?”. Poi precisa: “Dice Angelo (Apponi, ndr) che per ora ha parlato informalmente e non gli ha parlato di Mediobanca, poi, alla fine qualcosa gli dirà. Però per ora non glielo ha detto”. E il collega di Vincenzi risponde: “Sì, ok, mi fido perché lui a te ti dice le cose come stanno”.

Alla luce di questo piccolo spaccato di realtà, o meglio della realtà concreta dei rapporti che la Commissione presieduta da Giuseppe Vegas intrattiene con Mediobanca, passa quasi in secondo piano la notizia dell’iscrizione al registro degli indagati del presidente della Consob per la questione delle assunzioni a chiamata diretta. La Commissione dovrebbe vigilare e garantire la trasparenza sui mercati e invece intrattiene rapporti impropri con la banca d’affari più nota e importante d’Italia. Relazioni pericolose che potrebbero indurre ad accendere un faro sull’attività della Commissione, da anni sempre più scandalosamente al centro dell’attenzione.

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