Dentro il Parlamento la discussione finale sul Jobs act, fuori dall’Aula lo scontro tra il presidente del Consiglio e i sindacati. Oggi è il turno del leader dei metalmeccanici Maurizio Landini: “Renzi non ha il consenso delle persone oneste, di chi lavora e di chi cerca lavoro”, ha detto in corteo a Napoli. Poco dopo ha precisato: “Non ha il consenso della maggioranza dei lavoratori onesti”. Neanche il tempo di rettificare e già le sue parole avevano provocato le reazioni di parlamentari e industriali. “Così offende milioni di lavoratori che nel Pd credono”, ha scritto su Twitter il presidente democratico Matteo Orfini. “Spiace che a farlo sia un sindacalista”. Sulle barricate in difesa del governo anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: “Io personalmente mi ritengo molto onesto. Anzi non onesto, di più”.

A fianco di Landini invece la leader Cgil Susanna Camusso: “Capisco che Squinzi”, ha detto a margine di un’assemblea a Brescia, “ringrazi il presidente del Consiglio e sarebbe scortese se non lo facesse. L’accoglimento di un pacchetto così completo delle proposte di Confinsutria non ha precedenti. E’ un regalo al buio? Mi domando se questa sia la consegna delle politiche economiche del paese agli industriali”.

Solo poche ore prima Matteo Renzi aveva attaccato i rappresentanti dei lavoratori (“Inventano scioperi, io creo lavoro”), poi dal Businnes Europe ha ribadito la sua difesa all’intervento del governo: “Sul mercato del lavoro l’idea è quella di provocarvi”, ha detto, “liberiamo il sistema tradizionale italiano, l’art.18 simbolo di una tradizione italiana ora non è più un ostacolo e possiamo ridurre le imposte“. Un muro contro muro tra rappresentanti dei lavoratori e governo duramente criticato anche dal quotidiano Repubblica. Oggi un corsivo non firmato in prima pagina titola “Parole sbagliate” e condanna l’atteggiamento del premier. Con una domanda per il futuro: “Che idea ha il premier del partito che guida? Sapendo che prima o poi si tornerà al voto e i suoi avversari non saranno Camusso e Landini, ma Berlusconi e Verdini”.

Alle critiche si è unito anche Maurizio Sacconi, il capogruppo al Senato del Nuovo centrodestra: “La dichiarazione di Landini, se vera, si rivelerebbe molto indicativa della cultura democratica del leader della Fiom. Insisto a ritenere, sulla base del vissuto italiano degli ultimi 40 anni, che le parole sono pietre. Poi non ci si stupisca se…”.

I sindacati, che il 12 dicembre prossimo hanno organizzato uno sciopero generale, non accettano le posizioni del governo. “Renzi non sta creando lavoro, sta trasformando la condizione di chi lavora in una condizione di schiavitù. La Fiom non ha pregiudizi noi giudichiamo i governi per quello che fanno e non per quello che dicono. Renzi dovrebbe avere l’umiltà di riconoscere che non ha il consenso tra i giovani e le persone che cercano un lavoro”. Il leader ha poi risposto all’osservazione sul fatto che gli scioperi fossero molti meno rispetto all’epoca del governo Monti: “Le scelte del governo Monti e della Fornero le hanno votate tutti, non una persona sola. Questo intervento che viene fatto oggi è molto peggio di quanto ha fatto Monti. C’è un’idea di liberalizzazione totale dei licenziamenti. Bisogna invece estendere la cassa integrazione a tutti, poi serve un sostegno al reddito per chi perde i lavoro e vanno ridotte a 5-6 le forme di lavoro. Gli scioperi costano e chi lo fa rinuncia al salario. Lo sciopero non serve solo a protestare, noi abbiamo delle idee, chiediamo politiche economiche diverse”.

Il presidente del Consiglio punta ad approvare il testo entro il 9 dicembre prossimo e ad avere il decreto attuativo a gennaio. Tempi serrati sui quali Renzi non vuole discutere. Nelle scorse ore è stato duramente contestato da centri sociali e lavoratori Fiom a Parma e Bologna. E dal palco del comizio ha detto: “Non ci fanno paura. Se ci tirano le uova faremo delle crepes”. Proprio questo linguaggio è stato attaccato su la Repubblica con un intervento in prima pagina. “Un conflitto sull’articolo 18”, si legge nell’articolo, “è comprensibile, ed era anche prevedibile. Il linguaggio con cui il presidente del Consiglio tratta la Cgil è invece molto meno comprensibile”. E poi ancora: “Il premier dileggia il sindacato, banalizza le ragioni della protesta, svaluta insieme con lo sciopero una storia legata alla democrazia”. L’intervento si conclude con con una domanda: “Che idea ha il segretario del Pd della sinistra che guida? Un partito che voglia parlare all’intera nazione deve ospitare culture diverse al suo interno e tocca al leader garantire loro spazio e legittimità. Sapendo che prima o poi si voterà e i suoi avversari non saranno Camusso e Landini, ma Berlusconi e Verdini. Quando se ne accorgerà?”.

I problemi per Renzi non si fermano infatti solo alla riforma del mercato del lavoro. Presto il Parlamento dovrà affrontare anche la questione legge elettorale. Il patto per le riforme tra Berlusconi e Renzi è sempre più ambiguo e sempre più debole. Dopo l’ultimo vertice di maggioranza l’Italicum è uscito rivoluzionato e l’ex Cavaliere si è opposto alle modifiche. Anche oggi il premier ha ribadito la sua intenzione di introdurre il premio di lista per eliminare le coalizioni: “In Europa se c’è un accordo tra i partiti è tutto è chiaro, in Italia non è così e quindi preferirei evitare le coalizioni”. Un punto che Berlusconi proprio non ha intenzione di accettare.

 

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