Il governo italiano, presidente di turno del Consiglio europeo, sorprendentemente prova ad “affossare” la Net neutrality continentale, o, comunque a renderne molto difficile l’esistenza.  La prova è contenuta in due documenti riservati (rispettivamente di 26 e 10 pagine) fatti giungere dalla Presidenza italiana del Consiglio europeo ai delegati degli altri Paesi il 14 novembre scorso.  Il testo, che ha lasciato sorpresi la maggior parte dei partecipanti al gruppo di lavoro, suscitando una ridda di polemiche tra gli Stati membri, affronta anche la regolamentazione della famosa Net neutralityLa sensazione è che il governo italiano, che nelle dichiarazioni di intenti si era professato un fan dell’uso libero della rete, abbia cambiato idea repentinamente e, soprattutto, come riporta la Reuters, abbia deciso di andare incontro a quanto richiesto dai grandi operatori telefonici continentali.

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Cominciamo col dire che il governo italiano annuncia ai partner europei che la parola Net neutrality non deve essere usata. La Presidenza italiana propone, infatti, nel secondo dei due documenti citati, di eliminare le definizioni di “neutralità della rete” e “servizi specializzati”: “Instead of a definition of net neutrality there could be a reference to the objective of net neutrality, e.g. in a recital, which would resolve the concerns that the definition might be at variance with the specific provisions” ovvero ‘invece di una definizione di neutralità della rete ci potrebbe essere un riferimento all’obiettivo di neutralità della rete, ad esempio un considerando (una premessa, ndr), che risolve i problemi che la definizione potrebbe creare con le disposizioni specifiche’. (Traduzione mia)

Sembra a tutti gli effetti una soluzione di compromesso ma è veramente singolare che un concetto così importante, che dovrebbe trovare spazio negli articoli di una proposta vincolante, venga eliminato.

Le parole sono importanti, qualcuno potrebbe dire, e, se non si adottano definizioni chiare, ciò che può essere considerato bianco potrebbe diventare nero e viceversa. E’ come se si dicesse: non usiamo la parola “Costituzione” ma sostituiamola con principi che di volta in volta non possano essere in contrasto con altri principi. In pratica, l’azzeramento del concetto anche ideale di “neutralità della rete”.

Le sorprese non finiscono qui perché la Presidenza italiana propone ai propri partner di disporre delle deroghe alla impossibilità di bloccare il traffico Internet, per ragioni per così dire pubbliche, affidandone  il compito non solo ad un giudice, come era nella precedente proposta della Commissione e come è logico e necessario che sia in una società democratica che ha fatto della rete il maggior strumento di pluralismo informativo di sempre, ma all’Autorità amministrativa di Controllo delle Comunicazioni (che in Italia è l’Agcom). Nessuno prima del governo italiano aveva proposto questa soluzione, gravida di rilevanti conseguenze sui diritti di difesa dei cittadini, dai possibili arbitrii dello strumento amministrativo di interruzione dell’accesso alla rete.

In questo modo i principi legati al blocco del traffico e dei siti web, anziché essere ancorati a stretti paletti  normativi, si riconducono al generale tema amministrativo delle comunicazioni elettroniche, rendendo arbitre le entità di regolazione di disporre blocchi all’accesso, al di fuori delle regole giudiziali.

La net neutrality, nelle parole del governo italiano, viene di fatto vanificata, per essere sostituita da principi nella maggior parte inutili e da regole in grado di travolgere i principi di libero accesso, di condivisione e di parità di accesso alle risorse della rete.

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