L’elisir di lunga vita non è rappresentato semplicemente dal nostro Dna. Non esiste alcun magico gene che consente agli esseri umani di raggiungere, e talvolta superare, il ragguardevole traguardo dei 110 anni. Lo sostiene una ricerca condotta su un gruppo di 17 ultracentenari, un uomo e 16 donne, le più longeve, dell’età media di 112 anni, con il più anziano di 116. Lo studio, condotto da un team di ricercatori della Stanford University e dell’Università della California a Los Angeles, guidati da Stuart Kim, è stato pubblicato sulla rivista PLos One.

Nel mondo sono in tutto 74 gli individui che hanno superato i 110 anni di età. La persona più longeva mai vissuta della quale si hanno documenti certi è Jeanne Calment, una donna scomparsa nel 1997 a 122 anni e 164 giorni. Da tempo gli scienziati ipotizzano che la componente genetica possa pesare sulla durata della vita per il 20-30% circa, e che nelle famiglie con una spiccata longevità questa percentuale sia persino più alta, dato che genitori, fratelli e figli dei centenari vivono per lo più oltre la media. Per cercare di capire il segreto della longevità, gli scienziati americani hanno, quindi, scelto di analizzare l’attività del gene per il fattore di crescita insulino-simile di tipo 1, l’IGF-1. Infatti, secondo precedenti ricerche, alcune delle quali condotte sui centenari sardi, diverse varianti di questo gene, che nel tempo diventano meno attive, potrebbero rallentare il processo d’invecchiamento.

L’elisir di lunga vita non è rappresentato semplicemente dal nostro Dna

Stuart Kim e la sua equipe hanno confrontato il Dna dei 17 ultracentenari con quello di 34 individui di età compresa tra i 21 e i 79 anni, e di 379 individui i cui dati sono conservati negli archivi genetici del “1000 Genomes Project”, una banca dati nella quale è possibile analizzare la frequenza con cui si presentano nella popolazione le possibili varianti geniche. Ma non hanno trovato alcuna significativa differenza nel gene per il fattore di crescita IGF-1, né in altre sequenze di Dna con analoga funzione. Una delle donne che ha partecipato allo studio possedeva persino una variante genica nota per aumentare il rischio di morte improvvisa tra i giovani, a causa di aritmie cardiache. Un difetto genetico che non ha impedito alla signora californiana di spegnere le proverbiali 110 candeline.

A testimonianza del fatto che l’essere umano non è la semplice sommatoria algebrica dei propri geni, ma che il Dna è regolato da molteplici fattori esterni e ambientali, detti epigenetici, molti dei quali non ancora noti e sui quali si sta da alcuni anni concentrando la ricerca biologica. “Dalle nostre analisi è emerso che nessuna singola variante genica è correlata a una estrema longevità”, spiega Kim, a capo del gruppo californiano. Ma, considerata l’esigua dimensione del gruppo di studio, i ricercatori – che hanno messo i loro dati a disposizione della comunità scientifica – non escludono in maniera definitiva, anche se la ritengono improbabile, l’eventualità di trovare in futuro le basi genetiche della longevità. “Abbiamo intenzione – conclude Kim – di continuare i nostri studi con un numero maggiore di ultracentenari e analisi più complesse”.

Lo studio su Plos One

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