Patti chiari mai fino in fondo. L’Abi, l’Associazione bancaria italiana, smobilita il portale Pattichiari.it, nato nel 2003 per migliorare la reputazione degli istituti di credito crollata ai minimi dopo i tanti casi – crac Cirio, Parmalat e Tango bond in testa – di risparmio tradito. Sul sito da qualche giorno campeggia una comunicazione un po’ criptica che suona però come un preavviso di sfratto: “Il consorzio PattiChiari ha per oggetto la gestione ad esaurimento delle attività nonché l’esercizio di servizi ad esse connessi”.

Si tratta dell’ultimo atto di un’esperienza che non è mai riuscita a raggiungere l’obiettivo originario delle banche italiane: recuperare la fiducia dei risparmiatori.
La credibilità del portale viene minata per la prima volta lunedì 15 settembre 2008: mentre nella mattinata la Lehman Brothers dichiara il fallimento, sul portale Pattichiari.it ancora nel primo pomeriggio 14 titoli emessi dalla terza banca di affari statunitense venivano valutati come sicuri. I bond Lehman erano segnalati, con un rating A+, nella lista “Obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento” stilata periodicamente dal consorzio. Il risultato? L’errata valutazione, legata al rating, ha contribuito a trarre in inganno decine di migliaia di risparmiatori. Un vero e proprio boomerang per un servizio che, invece di danneggiarli, doveva aiutare i consumatori.

In un’interrogazione parlamentare l’ex senatore Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef, denunciò l’esistenza di ben 57 titoli “tossici” tra quelli ritenuti “a basso rischio” da PattiChiari. Il consorzio si è sempre difeso sostenendo che la valutazione dei titoli si basava, oltre che sul rating emesso dalle agenzie, “su un criterio probabilistico per cui il rischio non è mai zero”, ma non si può negare che la fiducia dei consumatori in PattiChiari – e nel sistema bancario in genere – sia uscita dalla vicenda con le ossa rotte. Tanto che il 28 ottobre del 2008 Patti Chiari decise di sospendere il servizio e quindi la pubblicazione delle “Obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento”.

Un’altra tegola si abbatte sul portale nell’aprile del 2009: circa 50 istituti su 150 hanno scelgono di uscire da PattiChiari e proprio nel momento in cui il sistema bancario – dopo la figuraccia con le obbligazioni Lehman – cerca di adottare una serie di misure che dovranno tutelare maggiormente i risparmiatori. Morale: se prima al consorzio PattiChiari aderiva l’82% degli istituti italiani, la defezione di 50 banche, abbassa quella percentuale al 70 per cento. Negli anni a seguire un lento declino fino al febbraio scorso quando l’Abi decide di archiviare, seppur con gradualità, l’esperienza di PattiChiari.

Nel frattempo il portale ha continuato a promuovere servizi utili, come la portabilità dei servizi di pagamento e il confronto dei costi dei conti correnti, ma i risultati non sono mai stati soddisfacenti. La stessa Antitrust recentemente ha segnalato l’esigenza di aumentare “tasso di mobilità della clientela, introducendo un termine massimo di 15 giorni per il trasferimento del conto corrente e prevedendo un risarcimento al cliente in caso di ritardi addebitati alla banca”, auspicando anche lo sviluppo di motori di ricerca indipendenti dalle banche “che consentano al consumatore un più agevole confronto tra i servizi bancari offerti dai diversi operatori”. Un vero e proprio de profundis per l’ultimo servizio rimasto sul portale Pattichiari, ancora attivo fino “esaurimento delle attività”.

di Francesco Contini

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