“Vorrei sapere che cos’è questo fantasma di Dedalus che si aggira ogni volta all’orizzonte…”. Così parlò il governatore abruzzese Luciano D’Alfonso, in pieno Consiglio regionale, all’inizio di novembre. Per poi aggiungere: “Ho cercato informazioni, e a oggi non le ho trovate, ma la cosa che mi ha molto impressionato è che non si trova più il bandolo della matassa. Non mi ero mai trovato dinanzi a opere che sono state collaudate e pagate e che a oggi sembra non esistano”. Insomma: milioni di euro dei contribuenti spesi e nessun risultato visibile.

In gioco, in ogni caso, c’è la partita dell’informatizzazione dei servizi e delle connessioni professionali. In questo caso per “migliorare la cooperazione tra l’ospedale e il territorio” e “per risparmiare”. Il progetto Dedalus (nome tecnico, “Rete di medici di medicina generale”) doveva e dovrebbe digitalizzare una parte della sanità abruzzese, mettendo in rete i medici e accorpando tutti i dati sanitari dei pazienti in un unico poderoso “fascicolo sanitario elettronico”. Dedalus è il nome della società leader nel software clinico sanitario che si aggiudicò, nel lontano 2006, la gara di affidamento bandita dall’Arit, ente strumentale della Regione in materia di informatica e tecnologia. A presiedere la Dedalus spa è il fiorentino Giorgio Moretti, amico e sostenitore della prima ora del premier Matteo Renzi, che quando era sindaco lo nominò presidente della municipalizzata dei rifiuti del Comune di Firenze, Quadrifoglio spa. E lui accettò di lavorarci gratis, “per puro spirito di servizio”.

Il valore iniziale del bando di gara era di poco più di 4 milioni di euro, ma la somma cominciò presto a lievitare, a causa di numerosi upgrade in corso d’opera per “l’installazione di componenti aggiuntivi, la manutenzione dei sistemi, gli aggiornamenti dei pacchetti, la formazione degli operatori”. Una fitta serie di interventi integrativi perché, si sa, la tecnologia invecchia velocemente e un software del 2005 oggi è preistoria. Si calcola che fino a ora siano stati così spesi quasi 7 milioni di euro. Con tanto di corredo di ripetuti “collaudi finali”. C’è un ultimo verbale datato 5 ottobre 2011. L’esito è positivo. La società Dedalus presenta la sua fattura, milionaria, all’Arit. Poi, è logico pensare, il progetto diventa finalmente operativo, al servizio di medici e cittadini. Invece neanche per sogno. Anzi, se ne perdono le tracce fino al giugno 2013, quando viene di nuovo comunicato che è tutto pronto. Passano altri 15 mesi e l’Arit annuncia un nuovo collaudo. Repetita iuvant.

In un’intervista, Moretti ha detto che il “progetto è di grande valore, simile e migliore di quello di altre regioni italiane”. E che “il prodotto installato è perfettamente funzionante e mantenuto aggiornato, pronto a diventare operativo in qualsiasi momento”. Ma l’attivazione spetterebbe “agli organismi competenti”. Alla politica insomma. Che non ne sa, o non ne saprebbe, nulla.

 

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