Il Regno Unito “cede” al cristianesimo: questo è il grido d’allarme di questi giorni, da parte di molti, in Gran Bretagna. Dopo anni in cui nelle scuole la religione è stata insegnata come “complesso di filosofie e di fedi”, con praticamente uguale risalto dato a tutte le diverse confessioni, il governo conservatore e liberaldemocratico (partiti in coalizione) guidato da David Cameron ha accontentato la Chiesa d’Inghilterra, anglicana, e quella cattolica, stabilendo che d’ora in poi le ore di lezione di religione dovranno essere incentrate al 75% su una sola fede, chiaramente, quasi sempre, quella cristiana.

In realtà il documento varato dal dipartimento per l’Educazione non parla in modo esplicito degli insegnamenti di Gesù Cristo e del clero anglicano e cattolico, ma nello stesso testo viene specificato che le scuole dovranno rispettare “il fatto che le tradizioni religiose della Gran Bretagna sono, principalmente, cristiane”. Una novità che è stata accolta con grande favore dalla stampa conservatrice del Paese, assai vicina a quella Chiesa d’Inghilterra guidata dalla regina Elisabetta II e dall’arcivescovo di Canterbury, ma che è stata subito osteggiata dalla stampa più progressista, come il Guardian.

Il documento del governo è arrivato dopo gli scandali degli ultimi mesi, quando si scoprì che alcune scuole di Birmingham, nel cuore dell’Inghilterra più profonda, promuovevano idee ricollegabili all’integralismo islamico. In un Paese sempre più multiculturale e dove, si stima, nella sola Londra viva oltre un milione e mezzo di musulmani, l’esecutivo di Cameron sentiva che doveva fare qualcosa. Ecco così il documento, che in realtà all’inizio era stato progettato per consentire l’insegnamento “prevalente” di almeno due principali religioni, ma che poi, dopo le proteste un po’ sottobanco della Chiesa anglicana e di quella cattolica, è stato rivisto “al ribasso”.

Il Guardian scrive che le nuove regole ministeriali “sono state ben accolte dal servizio per l’educazione della chiesa cattolica”, e poi in effetti sono arrivate, allo stesso giornale, le parole dell’arcivescovo cattolico di Liverpool, Malcolm McMahon: “Diamo il benvenuto alla rassicurazione che ci è stata dal ministro dell’Istruzione – ha detto – e cioè che questo documento non vada a minare l’autonomia dei vescovi cattolici di scegliere e controllare l’educazione religiosa nelle scuole. Tutte le nostre attività formative – ha comunque rassicurato il rappresentante della Chiesa di Roma – devono dare consapevolezza agli studenti della fede e delle tradizioni di altre comunità religiose”. Secondo la legge britannica, le scuole cattoliche possono dedicare fino al 10% delle lezioni all’insegnamento religioso.

Il ministro dell’Istruzione, Nicky Morgan, ha comunque parlato di un curriculum scolastico “che assicura che le giovani generazioni imparino più di una sola religione”. Il titolare del ministero ha sottolineato che “il 25% del tempo verrà dedicato alle altre fedi”, ma rimane il fatto che, finora, non vi era questa separazione rigida fra il 75% del tempo (e delle risorse) dedicato a un solo culto e il 25% invece riservato a “religioni secondarie”. Solitamente, finora, nelle scuole britanniche gli insegnamenti erano infatti ugualmente ripartiti fra diverse opzioni religiose e non poteva essere altrimenti in un Paese dove, in città come Londra, a volte oltre la metà degli studenti nelle classi è composta da ragazzi di altre culture e confessioni. C’era sempre l’opzione, per le scuole gestite direttamente dalle comunità etniche (realtà presente e ben rodata nel Regno Unito) di insegnare una sola religione, ma si trattava comunque di numeri assai piccoli nel complesso del mondo dell’istruzione britannica.

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