La Gabanelli si è dimostrata stupida“. A dieci giorni dal servizio di Report “Siamo tutti oche”, che ha denunciato la pratica dello spiumaggio e i maltrattamenti sugli animali per la produzione dei piumini Moncler, Patrizio Bertelli, patron di Prada, ravviva la polemica attaccando la conduttrice del programma d’inchiesta della Rai. Secondo il numero uno della firma italiana, il servizio mandato in onda è “una dimostrazione della stupidità umana”. Risposta secca della giornalista: “Non è illegale produrre all’estero, come non è illegale essere avidi. Ricordo al signor Bertelli che io non sono indagata per elusione fiscale di ben 460 milioni“. Nella sua dichiarazione, la giornalista fa riferimento all’inchiesta che vede indagati Bertelli e la moglie, Miuccia Prada, per evasione fiscale.

Per argomentare la sua affermazione, il patron di Prada, fa riferimento a quello che definisce  un “famoso antagonismo”, che non ha mai capito, nei confronti di chi ha a che fare per lavoro con gli animali e ne sfrutta i prodotti. Si tratta, continua l’imprenditore aretino riferendosi a chi ha criticato Moncler dopo la messa in onda dell’inchiesta, di “persone che hanno una cultura ormai passata da 30 anni, che affrontano il problema delle oche esattamente come coloro che sostengono che il palio di Siena vada chiuso per i cavalli”. Poi conclude: “Non capisco quale possa essere la distinzione con una gallina o un balena”.

“Bertelli, che vuol dire Prada, ha ragione nel darmi della stupida, sono orgogliosamente stupida, – replica la giornalista Rai alle parole dell’imprenditore – perché le mie tasse le verso fino all’ultimo centesimo; mentre lui, che è indagato per elusione per 470 milioni (nonostante sia uno degli uomini più ricchi del mondo), può propriamente definirsi ‘furbo'”. Nella puntata del 2 novembre, ha trovato spazio un “capitolo” che tira in ballo anche il marchio con a capo Bertelli. Nel servizio si vede come gli accessori Prada vengano prodotti all’estero, in paesi dell’est come la Transnistria, per abbattere i costi di fabbricazione. “Quella di Prada è avidità – continua Gabanelli – perché parliamo dell’industria del lusso che si fregia del titolo ‘Made in Italy’, producendo invece in Paesi lontani dall’Italia. Posso capire una piccola azienda con un margine di guadagno di pochi euro che decide di delocalizzare per sopravvivenza. Capisco molto meno le aziende che hanno margini di guadagno altissimi come Prada”. L’affondo della conduttrice di Report si conclude con un accenno ai soldi che il marchio italiano investe per apparire sui media nazionali: “Bertelli – insiste la giornalista – investe molte risorse nel monitorare la stampa, ne potrebbe investire un po’ nel monitorare i suoi fornitori, altrimenti i codici etici sono tutta fuffa”.

Il servizio al centro della discussione è quello andato in onda nella puntata del 2 novembre, dove i giornalisti di Report denunciano la pratica dello spiumaggio delle oche e i maltrattamenti che questi animali subiscono durante il processo per la creazione dei piumini. Immagini che non sono passate inosservate, sollevando le proteste da parte dell’opinione pubblica che, sui social network, ha lanciato la campagna #boicottaMoncler, invitando i consumatori a non comprare i piumini del marchio italiano. Questa popolarità non voluta ha colpito l’azienda che, il giorno successivo alla messa in onda, ha subito un crollo in Borsa del 4,88%.

Quelle tra Milena Gabanelli e Patrizio Bertelli sono ruggini che risalgono al 2009, quando l’imprenditore denunciò la trasmissione di Rai 3 in seguito a un servizio, a firma sempre di Sabrina Giannini, dal titolo “Gli schiavi del lusso”. Nell’inchiesta della redazione di Report si mostrava come le borse e gli accessori della firma Made in Italy venissero prodotte a costi bassissimi rispetto a quelli con cui andavano sul mercato, il tutto a discapito della qualità del prodotto. L’azienda querelò la Gabanelli ma il procedimento, nel 2011, venne archiviato perché, scrisse il gip nelle motivazioni, “le notizie riportate nel servizio oggetto di querela sono veritiere; sussisteva certamente l’interesse pubblico alla conoscenza delle stesse; infine le modalità di esposizione appaiono indubitabilmente improntate a correttezza”.

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