In dieci anni ha sottratto 8,5 milioni di euro dai conti e nelle casse dell’Atc di Asti, che gestisce quasi duemila case popolari. Nonostante le somme Pierino Santoro, 67 anni, ex direttore amministrativo dell’ente pubblico, sta per patteggiare una condanna per peculato a quattro anni di carcere risarcendo 800mila euro, meno di un decimo di quanto ha preso. Il 20 novembre sarà il gup del Tribunale di Asti a decidere, ma intanto ha già ottenuto l’ok della procura guidata da Giorgio Vitari.

La vicenda è emersa quasi per caso all’inizio del 2014, quando durante un controllo il collegio sindacale dell’Atc scopre la ricevuta di una carta di credito legata a un conto dell’ente di cui non si conosceva l’esistenza. Il vaso di Pandora è scoperchiato. I tre iniziano a chiedere ai vertici, ai dirigenti e ai componenti del cda, fino a quando emerge il detentore di quella carta: Santoro, direttore amministrativo dell’Atc dal 1998, dal 2013 direttore generale.

La vicenda è emersa quasi per caso quando durante un controllo il collegio sindacale dell’Atc scopre la ricevuta di una carta di credito legata a un conto di cui non si conosceva l’esistenza

I sindaci denunciano tutto alla Guardia di finanza e il nucleo di polizia tributaria diretto dal tenente colonnello Domenico Oliveto va a fondo. Scoprono che Santoro ha fatto mandati di pagamento per 4,4 milioni di euro senza giustificativi e senza l’approvazione del direttore generale Ubaldo Sabbioni: i soldi venivano riscossi in banca da alcuni dipendenti che li davano a Santoro. Circa due milioni di euro in contanti sono stati sottratti dalla cassa Urp, da lui istituita per permettere agli inquilini morosi di non andare in posta o in banca: “Contavo sul fatto che non c’era un sistema di controllo incrociato fra i dati registrati dall’impiegata e quelli iscritti nel bilancio – ha detto al sostituto procuratore Elisa Pazé durante l’interrogatorio – ciò significa che gli inquilini risultavano morosi, ma solo per il bilancio”. Altri 159mila euro sono stati prelevati dalla cassa contanti per le spese quotidiane. Inoltre Santoro aveva pure aperto un conto corrente dell’Atc alla posta e per farlo ha falsificato una delibera del cda: da quel conto ha poi prelevato 1,8 milioni di euro. “Appare evidente che Santoro, nel corso degli anni, abbia studiato metodicamente il sistema per distogliere il denaro dalle casse dell’Atc”, scrive la Guardia di Finanza nella relazione finale data alla pm. Se qualcuno non avesse fatto ritrovare l’estratto conto “il reato sarebbe presumibilmente proseguito nel tempo“, annotano i finanzieri.

Appena scoppia lo scandalo l’amministratore si dà molto da fare. Mette subito a disposizione della procura un risarcimento da 800mila euro “così da apparire profondamente pentito e disposto a restituire quanto sottratto” e intanto cerca di occultare le sue ricchezze intestando conti, veicoli e case ai familiari. Lo fa anche dopo il ricovero in una casa di cura di Bra in cui finisce su imposizione di uno psichiatra dopo aver avuto una crisi depressiva e aver tentato il suicidio. Da qui in modo lucido e scrupoloso gestisce le proprietà, dispone la separazione dei beni con la moglie, contatta le dipendenti di un ufficio postale, delle banche e i familiari per nascondere i conti e fa lo stesso con le agenzie immobiliari e con le concessionarie dove ha comprato auto e moto. Alla figlia chiede di portargli una busta con 420mila euro in contanti e all’avvocatessa Domenica Demetrio, ex politico del Pdl, racconta di aver gettato un sacchetto con 500mila euro e carte di credito nel Tanaro.

Stare in una clinica e sottoporsi a una cura però non gli piace. Lo dice alla figlia: “Mi servirà forse perché penalmente sono un soggetto che ha avuto problemi che quindi sarà incompatibile nella sua attività e non sarà più compatibile con la vita carceraria”. Insomma, stare lì gli serve pure per evitare il carcere. La stessa Guardia di finanza sottolinea anche che il suo atteggiamento non è stato quello di una persona malata, anzi tra le intercettazioni c’è pure quella con una escort di Bra, da cui è andato una volta nel periodo del ricovero. Nonostante i tentativi di Santoro però le Fiamme gialle sequestrano molti suoi conti bancari e postali, polizze, dieci immobili, tre terreni, due box, due Mini Cooper, un Range Rover Evoque intestato alla madre, un’Audi A1 e una moto Agusta Brutale. I suoi averi, si legge negli atti, hanno un valore “sostanzialmente idoneo a ristorare la persona offesa dei danni patiti”.

In una conversazione intercettata diceva: “Lo sanno tutti, non sono mica Mandrake. Per forza che non sono da solo”

Ma come avrà fatto in dieci anni ad accumulare tutto? Non c’è solo la sua metodicità, ma c’è anche la mancanza di controlli, la fiducia cieca in lui e un atteggiamento da duro. Ai pochi che notavano le stranezze Santoro rispondeva male: “Non sono affari tuoi”. A un’impiegata che si rifiuta di truccare un conto urla: “Ricordati che sei precaria”.
In città si sospetta che non abbia agito da solo. “Qualcuno era a conoscenza dei miei prelievi illeciti – ha detto alla pm Pazé -, ma non saprei dire chi e in ogni caso non ho goduto di appoggi”. In un’intercettazione afferma: “Lo sanno tutti, non sono mica Mandrake. Per forza che non sono da solo”. Al telefono con l’avvocato Demetrio, che gli dà consigli, si confida e chiede aggiornamenti sulle opinioni di Maria Teresa Armosino (ex sottosegretario al Demanio del governo Berlusconi, da lui ritenuta vicina a Vitari) e Rosanna Valle, ex consigliere regionale per anni al vertice dell’Atc di Asti. Poi aggiunge: “Sai come dice Cetto Laqualunque? ‘Se mi metto a cantare io… Se canto io canto come un usignolo’”.

Così ad Asti qualcuno vorrebbe che Santoro cantasse e restituisse il maltolto. L’ex assessore alla legalità, Alberto Pasta, parla di questo caso come “la peggiore vicenda di colletti bianchi dopo Tangent’Asti (scandalo degli anni Novanta, ndr), forse più grave per come Santoro ha agito impunemente per dieci anni”. Il capogruppo del M5S Gabriele Zangirolami vuole sensibilizzare la cittadinanza: “Sicuramente non ha agito da solo e siamo molto preoccupati per il patteggiamento”. Il consigliere di “Uniti per Asti” Anna Bosia, passata da poco dalla maggioranza all’opposizione, sottolinea che “sono soldi rubati alle fasce più deboli della popolazione ed è inaccettabile che una ruberia così passi inosservata”.

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