Ci avevano già provato il 5 maggio. I genitori dei bambini che frequentano le mense scolastiche bolognesi, avevano chiesto ai loro ragazzi di rifiutare il cibo considerato “caro e cattivo“. Ora, a distanza di sei mesi, un nuovo sciopero: stesse modalità e stessi obiettivi. A rilanciare la protesta il 21 novembre è stato l’Osservatorio cittadino mense Bologna, che sono più di sei mesi che chiede di fare mangiare gli studenti meglio, spendendo meno.

Al centro della protesta ci sono i “5,6 milioni di utili che i soci privati della società Seribo hanno incassato oltre ogni ragionevole livello di settore in questi anni in cui la società partecipata ha gestito la refezione e scolastica a Bologna – si legge in una nota – A fronte di questa cifra esorbitante, i genitori non hanno visto fare investimenti su strutture (come nuovi centri pasti e ammodernamento macchinari) né sulla qualità dei pasti, pagando al tempo stesso tariffe tra le più alte d’Italia”, prosegue l’Osservatorio.

Le famiglie di Bologna si sentono quindi “in credito verso Seribo e hanno 5 milioni di motivi per aspettarsi un netto cambiamento nel servizio che dovrà essere ridefinito ora con il nuovo bando di gara“, proseguono le famiglie puntando il dito contro il Comune. “Dopo lo sciopero del 5 maggio il sindaco Virginio Merola aveva fatto promesse eclatanti accogliendo, con una dichiarazione pubblica, tutte le richieste dell’Osservatorio – concludono i genitori di Bologna – A tre mesi dall’inizio del nuovo anno scolastico, prendiamo atto che nessuna delle promesse fatte lo scorso 15 maggio è stata mantenuta”.

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