Quindici pagine che contengono una sentenza inappellabile. Nero su bianco il professor Alfonso Bellini, consulente del pm nell’inchiesta penale per l’alluvione del 2011 (sei morti, a giudizio l’ex sindaco Marta Vincenzi, l’ex assessore Scidone e tre dirigenti comunali) scrive che la copertura del torrente Bisagno, dalla stazione Brignole alla Foce, è fuorilegge. L’opera infatti non ha mai ricevuto la concessione idraulica che la legge prescrive per torrenti, rivi e corsi d’acqua. La revoca della concessione era stata notificata nel 2003 ma nessun ente l’ha mai presa in considerazione.

La sanzione prevista in casi come questo dal testo unico del 1904 è la demolizione d’ufficio dell’opera irregolare. Demolizione mai effettuata. In compenso la Provincia di Genova, ente gestore dopo il 2001 (prima la competenza era della Finanza e del Genio Civile) anziché avviare le pratiche per recuperare l’indennizzo dovuto a seguito delle spese sostenute per la demolizione, (l’indennizzo è a carico del concessionario, il Comune di Genova) ha monetizzato l’irregolarità. Grazie ad una legge regionale, del 2005, che la autorizza a farlo, stabilendo che si può aumentare l’indennizzo “fino al doppio del canone vigente”.

Risultato: dal 2001 al 2010 la Provincia di Genova ha incassato una quindicina di milioni. Del tutto incurante del rischio al quale ha esposto i cittadini. Rischio tutt’altro che teorico, dal momento che dal 2001 ad oggi si sono succeduti sulla zona centro-orientale di Genova altri due fenomeni alluvionali, nel 2011 e nell’ottobre 2014, che hanno riguardato, indirettamente nel 2011 (esondazione del Fereggiano, affluente del Bisagno) e direttamente il 9 ottobre scorso, il torrente che attraversa la parte orientale della città. Paradosso supremo, a sborsare i quattrini è stato il comune di Genova, titolare della concessione per la copertura del Bisagno. Una partita di giro, insomma, fra Comune e Provincia, operata però con i soldi dei contribuenti.

Ma c’è di peggio. Lo spiega il professor Belliniilfattoquotidiano.it: “Sarebbe accettabile se la Provincia avesse posto un limite di tempo entro il quale effettuare i lavori per sanare l’irregolarità della copertura. E’ accaduto invece che di anno in anno il termine sia stato spostato in avanti, in modo da far correre gli indennizzi. E’ la monetizzazione del rischio”. Ma di quale rischio esattamente si tratta? Risponde Bellini: “La copertura esistente oggi, e sottolineo oggi, è in grado di smaltire appena la metà della massima piena del Bisagno, indicata dal Piano di Bacino: 1.400 metri cubi di acqua al secondo. Oggi ne passano al massimo 700 metri cubi. Quando fu realizzata la copertura negli anni Trenta, la capacità massima era di 500 metri cubi, ma all’epoca i boschi circondavano l’abitato e l’urbanizzazione selvaggia non era ancora iniziata e il torrente esondava con meno forza. Oggi la piena ha una forza dirompente molto più grande, l’acqua non più trattenuta a monte scende a valle con la forza di uno tsunami. Ma non è il caso di sorprendersi. E’ tutto prevedibile. Il Bisagno è un serial killer: colpisce sempre nella stessa maniera e negli stessi posti”.

Bellini va oltre: “Dal 2004 al 2011 è stato realizzato il primo lotto della nuova copertura, dalla Foce a Brignole. Poi i lavori si sono interrotti. La piena del 2011 fu di 800 metri cubi al secondo e causò solo danni alle cose, in Borgo Incrociati e nella zona della stazione Brignole. Nel mio studio in via Galata arrivò una lama d’acqua alta quaranta centimetri che ormai aveva perso forza. Il 9 ottobre scorso le cose sono andate molto peggio. Non dispongo ancora dei dati, il sindaco Doria in consiglio comunale ha dichiarato che la piena raggiunse i mille metri cubi al secondo e ciò spiega la violenza con la quale l’acqua del torrente si è riversata nelle casa e nei negozi, raggiungendo l’altezza di un metro e mezzo”.

Ciò che preoccupa è altro ancora. Bellini conferma a ilfattoquotidiano.it che una volta realizzata interamente la nuova copertura del Bisagno, i rischi non saranno affatto eliminati. La capacità di smaltimento salirà da 700 a mille metri cubi al secondo, ben inferiore alla massima piena quantificata in 1.400 metri cubi al secondo. Risolutivo sarà soltanto lo scolmatore del Bisagno. Ma quanto tempo e quanti soldi occorreranno per realizzalo? Bellini fa i conti: “I lavori del secondo lotto della copertura, dalla Questura a via Santa Zita, potranno partire in tempi relativamente brevi, ora che Burlando si è accorto che è sufficiente il parere positivo dell’avvocatura dello Stato anche in presenza di ulteriori ricorsi al Tar. Resta da realizzare anche il terzo lotto, da Santa Zita alla stazione Brignole. Se tanto mi dà tanto per completare l’opera trascorrerà una decina d’anni. Il progetto dello scolmatore è stato approvato nel 2008, in cassa però non c’è un euro e il costo è stimato fra i 250 e i 300 milioni di euro. Se si troveranno i soldi serviranno 5/6 anni per aprire i cantieri e una decina d’anni per realizzarlo. Per sistemare il rischio-Bisagno insomma passerà una generazione”.

Nel frattempo che si fa? “Si prende coscienza e conoscenza della situazione di rischio in cui versano, secondo l’assessore Crivello, centomila genovesi, esposti a possibili fenomeni alluvionali. E si impara a convivere con i rischi relativi, approntando ogni possibile elemento di prevenzione”. Ad esempio? “Si vara un piano che contempli dettagliatamente i provvedimenti da prendere in caso di rischio imminente di alluvione. Il Piano del 2009 prevede che in caso di allarme si riunisce attorno ad un tavolo il Comitato presieduto dal sindaco. Sa quanti sono i membri? Sono 44 e non tutti hanno la competenza per occuparsi di una materia così complessa, che richiede preparazione professionale specifica e attenzione 24 ore su 24. La dirigente della Protezione Civile in carica dopo l’alluvione del 2011 è stata mandata ad occuparsi dei profughi”.

Articolo Precedente

Monte San Martino, profanato con simboli nazisti il sacrario dei partigiani

next
Articolo Successivo

Stefano Cucchi, una strada per ricordarlo

next