L’ha detto il Procuratore di Roma Pignatone: “Non è ammissibile che le persone affidate allo Stato muoiano per morti affatto naturali“. Eppure troppi casi del genere si sono avuti nel nostro Paese negli ultimi anni: da Stefano Cucchi a Federico Aldrovandi a molti altri.

Com’è noto, l’impunità genera mostri. Persone mediocri che, solo perché indossano una divisa o si sentono comunque investite di un potere qualsiasi, si arrogano l’arbitrio di mettere fine all’esistenza di un’altra persona. Sono sicuramente indegne di portare la divisa e di esercitare il potere, confondono il compito sacro loro affidato di vigilare sulla sicurezza di ciascuno con la possibilità di sfogare violentemente le loro frustrazioni e i loro peggiori istinti. Vanno individuati, duramente puniti ed espulsi a calci nel sedere dai corpi armati che insozzano con la loro indegna presenza. Né pare accettabile l’atteggiamento di chi esprime comprensione per gli assassini. Invece di collaborare alla ricerca della verità nell’interesse anche dell’istituzione e delle persone oneste che vi lavorano.stefano-cucchi-campagna-675

Questo dell’arroganza omicida di alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine non è problema solo italiano. Negli ultimi tempi abbiamo visto molti altri casi in giro per il mondo, a volte più direttamente collegato a una repressione di tipo politico, come nel caso degli studenti messicani fatti sparire da polizia e narcotrafficanti, o in quello del giovane francese Rémi ucciso pochi giorni fa mentre manifestava contro una diga ambientalmente incompatibile; in altri casi, come in quelli ripetutamente verificatisi negli Stati Uniti, l’omicidio di Stato nasce da situazioni tuttora presenti di pesante discriminazioneodio razziale. Come classificare i delitti commessi dai “tutori dell’ordine” degenerati e infedeli in Italia? Essi nascono da una perversa concezione dello Stato come sorta di entità superiore cui tutto è permesso. Oltre alla trattativa fra Stato-mafia non c’è forse, nel fondo degli animi gretti e dei cervelli poco funzionanti di qualche burocrate, in divisa o meno, una sorta di identificazione più o meno inconscia fra lo Stato e la mafia?

Mentalità deleteria e perniciosa da stroncare a tutti i costi. Pena la degenerazione definitiva di questi corpi, dovuta alla possibilità che le “mele marce” contaminino il corpo sano. Quindi l’impunità non è più ammissibile. Vanno investiti, come scrivo da tempo, mezzi ed energie per rinnovare a fondo i corpi di polizia, introducendo test ed esami di ammissione atti a garantire la qualità effettiva del personale, corsi in materia di diritti umani e tecniche nonviolente o a basso tasso di violenza, la responsabilità di chi esercita funzioni di comando per comportamenti aberranti dei suoi subalterni, la possibilità di identificare in ogni momento chi esercita funzioni di ordine pubblico o di altro genere, il reato di tortura e un forte aggravamento per le fattispecie di violenza che vedano implicati appartenenti alle forze dell’ordine.

L’interesse a che emerga la verità è assolutamente fondamentale. Per questo la decisione raggiunta sul caso Cucchi, al di là dei meriti e dei demeriti dei singoli investigatori e magistrati, è assolutamente insoddisfacente. Occorre riaprire le indagini superando le omertà (altro fenomeno tipicamente mafioso) registrate. Si tratta, come in altri casi, di un vero e proprio omicidio extragiudiziale, sul quale va attirata l’attenzione del Rapporteur speciale delle Nazioni Unite in materia. Come pure, esauriti i ricorsi interni, va investita la Corte europea dei diritti umani, trattandosi di una chiara e gravissima lesione del diritto alla vita garantito dalla Convenzione europea del 1950.

Ilaria Cucchi, Patrizia Moretti Aldrovandi e gli altri parenti delle vittime della barbarie poliziesca non vanno lasciate sole. Il loro grido di sdegno e la loro richiesta di giustizia riguardano tutti coloro che pretendono uno Stato che sia dalla parte dei cittadini e non contro di loro, fino a privarli del bene supremo della vita. Cosa purtroppo avvenuta varie volte in Italia negli ultimi anni. Partecipiamo in massa alla fiaccolata sabato prossimo alle ore 18.30  in piazza Indipendenza a Roma.

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