Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una studentessa universitaria di ventidue anni i cui genitori sono entrambi stati dichiarati “esuberi” dalla compagnia aerea Meridiana. 

Ho ventidue anni, sono una studentessa universitaria e sono figlia di due esuberi Meridiana. Inutile dire che il caso dei 1.634 esuberi non solo mi ha toccata, ma ha anzi investito la vita mia e della mia famiglia con la rapidità e l’impatto che caratterizzano gli eventi inaspettati. A dirla tutta, la possibilità di qualche licenziamento si era prospettata già alcuni anni fa, quando la compagnia ha iniziato a dispensare casse integrazioni volontarie e a rotazione ai suoi dipendenti. Ma nessuno poteva prospettare una mole di licenziamenti tanto consistente.

Ancor più sconvolgente è il fatto che il licenziamento di quasi la totalità dei suoi dipendenti non farà sì che Meridiana chiuda i battenti. Anzi, le sue attività continueranno a pieno regime, con lo stesso nome ma operate dai lavoratori Air Italy, compagnia acquistata al 100% da Meridiana nel 2013 e con la quale non è però stata effettuata alcuna fusione. Premetto che il mio obiettivo non è quello di muovere i lettori a compassione o di prendere le parti dei dipendenti Meridiana solamente perché i miei genitori ne fanno parte. Tutto ciò che voglio è raccontare le mie impressioni e il mio profondo disappunto, attraverso ciò che ho visto e ascoltato personalmente. Da quando sindacati, governo e azienda hanno iniziato a incontrarsi presso il ministero del Lavoro per discutere del futuro di Meridiana, i futuri esuberi hanno cercato di far sentire la loro voce da fuori le mura del palazzo ministeriale.

Io stessa ho partecipato ad alcune delle proteste al fianco dei miei genitori e ho potuto così avere un’idea delle richieste avanzate dai lavoratori. Queste sono molto semplici: chiedono di continuare a lavorare e che, se proprio dei licenziamenti devono essere fatti, questi siano attuati a seguito della creazione di una lista unica comprendente i dipendenti di Meridiana e di Air Italy. Gli esuberi sanno che in realtà il lavoro ci sarebbe per tutti, ma che la loro anzianità al contempo pesa troppo, essendo Meridiana attiva dal 1963 (iniziando come Alisarda), mentre Air Italy solamente dal 2005. In poche parole, i dipendenti Air Italy sono più giovani e possiedono un contratto che permette all’azienda di pagarli meno e farli lavorare di più rispetto ai dipendenti Meridiana. Capisco quindi le motivazioni dell’azienda, che naturalmente cerca di fare ciò che per lei è più conveniente.

Tuttavia non posso fare a meno di pensare che sia eticamente scorretto depennare dalla lista dei dipendenti 1.634 persone, ancora perfettamente in grado di lavorare e con
molti anni di servizio alle spalle, a questo scopo. Per di più tutto ciò avverrebbe tramite l’ausilio di ammortizzatori sociali allettanti, e quindi soldi pubblici, che non farebbero altro che rendere gli esuberi di oggi gli esodati di domani. Il tutto a causa di un’azienda che persegue il suo interesse senza tenere conto dei suoi dipendenti e delle loro famiglie, e il cui management non è stato in grado di presentare un piano industriale che fondesse Meridiana e Air Italy in un’unica compagnia. Posso quindi essere d’accordo con il sottosegretario Bellanova quando dice che “il governo non può fare il piano industriale” e che “è perfettamente legittimo che (le due compagnie) abbiano due vite separate”. Ma se secondo il sottosegretario non sarebbe eticamente possibile mettere “in mezzo un’altra società” scatenando “una lotta di lavoratori contro altri lavoratori”, allora non vedo come possa essere eticamente possibile cancellare un’intera compagnia a favore di un’altra (nonostante il lavoro esista per entrambe) in virtù di ciò che per l’azienda è più conveniente al fine di cancellare i propri errori. Purtroppo per il governo, la lotta interna tra i lavoratori che tanto vorrebbero evitare è già iniziata quando gran parte dei dipendenti di Meridiana hanno iniziato a ricevere la cassa integrazione, mentre i dipendenti Air Italy hanno continuato a lavorare coprendo le tratte loro e di Meridiana.

Il mio più grande disappunto in questa situazione è che ben poco di tutto questo è stato messo in luce. I media hanno lungamente parlato degli alti stipendi previsti dai contratti di Meridiana, dei dipendenti Meridiana con poca voglia di riprendere a lavorare dopo mesi di cassa integrazione, o ancora di quei dipendenti che tramite la legge Bersani sono riusciti a essere riassunti in Meridiana per poi chiedere da subito la cassa integrazione volontaria. Ben pochi hanno invece messo in luce la vera ragione dei licenziamenti Meridiana e la lotta degli esuberi, che chiedono a gran voce di continuare a lavorare e che giurano di essere disposti a vedersi ridurre gli stipendi pur di non perdere il proprio lavoro. Perché almeno una parte di tutto questo venisse a galla, è stato necessario che due dipendenti Meridiana salissero su un traliccio a Olbia e che il Papa dimostrasse la sua solidarietà agli esuberi in Piazza San Pietro.

Venerdì 26 ottobre sindacati, governo e azienda si sono incontrati di nuovo. Come sempre, gli esuberi Meridiana protestavano davanti alle mura del Ministero. Alla fine della giornata l’azienda si è alzata dal tavolo, ribadendo la posizione già assunta negli incontri precedenti: 1.366 licenziamenti, ammortizzatori sociali per 4 anni e promesse poco concrete di ricollocamento, possibilmente anche nella stessa Air Italy, sempre che gli esuberi accettino di passare una nuova selezione per il lavoro che hanno svolto per più di vent’anni e di vedere azzerata la loro anzianità lavorativa. Meridiana ha inoltre riaperto la procedura di mobilità che era stata temporaneamente sospesa, lasciando agli esuberi la possibilità di sceglierla volontariamente o di vedersela assegnata di ufficio. Coloro che la sceglieranno volontariamente si vedranno assegnati 3+2 anni di mobilità a partire da gennaio, mentre gli altri riceveranno la cassa integrazione fino a giugno per poi vedersi attribuiti 2 anni di mobilità.

I prossimi saranno dunque giorni ricchi di amarezza per gli esuberi Meridiana, che dovranno prendere importanti decisioni per il loro futuro. Dell’esperienza che ho vissuto insieme a loro ricorderò il sentimento di profonda rabbia nei confronti di un sistema che non ascolta, che fornisce informazioni parziali, e che permette che un licenziamento possa avvenire con queste modalità. Ma ricorderò anche l’importanza di lottare per proprio lavoro, specialmente quando questo viene sottratto ingiustamente, e la perseveranza degli esuberi scesi in piazza nel far sentire la propria voce.

di Ludovica Fabbri

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