Il “Ponte dell’amicizia” tra Cina e Corea del Nord inizia a sentire i segni del tempo. Un po’ come le relazioni tra i due alleati. E la nuova infrastruttura, che a sua volta avrebbe dovuto rinsaldare la vicinanza tra i due Paesi, definita da Mao Zedong “come i denti con le labbra”, tarda invece ad arrivare. L’apertura di un nuovo ponte sul fiume Yalu, tra la città cinese di Dandong e la nordcoreana Sinuiju, è stata posticipata sine die. A darne notizia per primo è stato il britannico Times, ripreso dalla stampa cinese, in particolare dal tabloid nazionalista Global Times, costola del Quotidiano del Popolo.

“La Corea del Nord e la Cina si sono accordati per terminare i lavori in contemporanea. Tuttavia sul versante nordcoreano c’è una distesa di terra”, scrive il giornale cinese nel citare un uomo di nome Liu, che ha deciso di investire nella Zona logistica e commerciale al confine tra i due Paesi e lamenta i ritardi nei lavori. Compito di Pyongyang sarebbe dovuto essere completare le strade di accesso al ponte, ma al momento tutto è fermo. Appena lo scorso settembre alcune immagini su Google Earth avevano fatto ipotizzare a John Grisafi, esperto del portale NK News, che – nonostante i ritardi – l’apertura sarebbe stata possibile nel rispetto dei tempi, ossia entro lo scorso ottobre. L’analisi ricordava tuttavia le perplessità sollevate a luglio dal sito Daily NK, vicino agli esuli in Corea del Sud. “La Cina ha inviato macchinari e materiali per la costruzione del ponte, ma sono stati usati per altri scopi”, spiegava una fonte citata dal sito.

Dandong, nel nordest della Cina, è un po’ la cartina tornasole dei rapporti sull’asse Pechino-Pyongyang. Da qui passa infatti buona parte del commercio bilaterale. Inoltre la città porta nell’architettura i segni delle relazioni sino-nordcoreane. Parallelo al “Ponte dell’amicizia”, finito di costruire nel 1943 e sopra cui transitano una linea monorotaia e camion che fanno la spola tra la città e la dirimpettaia Sinuiju, corre il ponte monco, ossia ciò che resta dell’infrastruttura, crollata sotto i bombardamenti durante la guerra di Corea degli anni Cinquanta del secolo scorso.

L’idea di un terzo ponte risale invece al 2007, quando fu proposta dall’allora viceministro degli Esteri cinese Wu Dawei, durante una visita in Corea del Nord per poi concretizzarsi in un accordo finalizzato a febbraio del 2010. Il progetto con le sue quattro corsie dovrebbe nelle intenzioni sostituire il “Ponte dell’amicizia”, ormai inadatto al ruolo di collegamento tra le due sponde dello Yalu. Inoltre dovrebbe collegarsi a una serie di progetti turistici. Il ritardo nella costruzione diventa tuttavia quasi simbolo dello stato attuale delle relazioni sino-nordcoreane.

Da quando è salito al potere a dicembre del 2011, il giovane leader nordcoreano Kim Jong Un non si è ancora recato in visita a Pechino. Lo stesso messaggio inviato lo scorso ottobre alla dirigenza cinese per celebrare l’anniversario della fondazione della Repubblica popolare suonava meno pomposo rispetto ai precedenti. Mentre sul versante cinese il quotidiano Global Times, che oggi punta il dito contro lo scarso interesse mostrato dalla dirigenza nordcoreana nel mantenere fede all’accordo, già l’anno scorso sollevò l’ipotesi di rivedere il sostegno a Pyongyang. Erano i tempi della crisi scatenata dal terzo test nucleare condotto dal regime dei Kim in spregio alle risoluzioni Onu. Un atteggiamento tale da mettere a rischio anche gli interessi cinesi.

di Andrea Pira

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