Altra sconfitta per i secessionisti catalani. Dopo lo stop al referendum per l’indipendenza della regione, la Corte Costituzionale spagnola ha bloccato anche la consultazione alternativa prevista per il 9 novembre, accogliendo il ricorso dell’esecutivo di Mariano Rajoy. Il capo del governo catalano, Arturo Mas, non ci sta e annuncia che la regione andrà al voto comunque: “Manterremo il processo partecipativo del 9 novembre – fa sapere tramite il suo portavoce – e avvieremo una causa contro il governo nazionale davanti al Tribunale supremo per attentato contro i diritti fondamentali dei catalani“. La Generalitat, il parlamento di Barcellona, farà subito partire una raccolta di firme per denunciare a livello internazionale la violazione diritto di espressione e opinione. La posizione del governo nazionale è altrettanto ferma: “Nessuno andrà a votare domenica perché tutti, cittadini e governanti, devono rispettare le decisioni dei tribunali” – dice Soraya Sàenz de Santamaria, vice di Rajoy, che si è comunque detto aperto a una riforma costituzionale di ampio consenso parlamentare sulla questione catalana.

All’indomani della bocciatura del referendum indipendendista del 29 settembre scorso, anch’essa frutto di un ricorso del governo di Madrid, il governatore Mas aveva trovato l’espediente delle “elezioni plebiscitarie”. La Generalitat aveva quindi avviato un iter refendario alternativo, risolto con la creazione di due semplici quesiti ai quali avrebbero dovuto rispondere i cittadini: “Vuoi che la Catalogna sia uno Stato?”, “In caso di risposta affermativa, vuoi che la Catalogna sia uno Stato indipendente?”. Secondo i dati della Generalitat, il 64% dei votanti risponderebbe sì al primo quesito e il 76,9% sì anche al secondo. La bocciatura da parte della Corte suprema era comunque abbastanza prevedibile, viste le numerose perplessità dei costituzionalisti sulla validità giuridica della consultazione. Nessuna norma dell’ordinamento spagnolo contempla infatti questo tipo di istituto giuridico e l’eventuale vittoria dei sì avrebbe avuto esclusivamente il ruolo di segnale politico, malgrado Arturo Mas neghi che si tratti di un referendum mascherato sull’indipendenza.

In Catalogna, intanto, era tutto pronto per la votazione del 9 novembre. 6340 seggi pronti nei 942 comuni della regione: solo 4 le municipalità che si sono rifiutate di ospitare la consultazione, tutte guidate da amministratori del Partito Popular di Rajoy, che ha voluto negare ogni validità politica o giuridica alle elezioni plebiscitarie. La questione catalana, rianimatasi dopo il referendum sull’indipendenza della Scozia, ha ulteriormente incrinato i rapporti tra la regione e il cosiddetto “blocco di Madrid“. All’indomani della vittoria nel Clàsico, il sentitissimo derby calcistico tra Barcellona e Real, un giornale sportivo madrileno aveva celebrato la vittoria dei blancos titolando: Màs que una victoria, scimmiottando lo storico slogan del Barcellona, Més que un club. Il 18 settembre, giorno del voto in Scozia, l’Assemblea nazionale catalana aveva comprato un’intera pagina della stampa scozzese scrivendo: “Auguri Scozia, il voto è una vittoria. Noi catalani voteremo il 9 novembre”. Non era stato un messaggio di buon auspicio per il voto scozzese e, a quanto pare, neanche per quello catalano del 9 novembre.

 

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