Il mendicante fa rientro al campo rom. Ha appena trascorso la giornata a chiedere l’elemosina ai semafori delle strade. Ha una sola gamba, si regge a fatica sulle stampelle. Si siede. Si asciuga le lacrime con il berretto. Sa cosa lo aspetta. Il suo aguzzino gli si piazza davanti. Gli urla contro. Controlla quanti soldi ci sono nel borsello: troppo pochi. Cambio immagine. La telecamera nascosta immortala un’altra scena. Questa volta c’è anche una donna. Inveisce contro lo stesso mutilato. Si alza. Lo picchia in faccia con una scarpa. Poi afferra un coltello e tenta di colpirlo. Il marito la ferma. Le toglie l’arma di mano e la brandisce contro il poveraccio che a fatica si alza e sfugge alla furia dei suoi padroni. Milano, 2014: fermi immagine di una storia di schiavitù a cui il Nucleo Tutela Donne e Minori della Polizia Locale ha messo fine grazie a un’indagine durata un anno e mezzo, che ha portato il sostituto procuratore della Dda milanese, Piero Basilone, a chiedere un’ordinanza di custodia cautelare – emessa dal gip Simone Luerti – contro 14 persone. Le accuse: tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù. Parole che sembrano appartenere a un’altra epoca e che invece risuonano “negli anni Duemila, nel cuore dell’Europa”, commenta Tullio Mastrangelo, comandante della Polizia Locale.

Il gruppo era formato principalmente da due famiglie rumene, appartenenti alla minoranza rom di origine turca. Cinque di loro sono stati arrestati, un altro si trova già in carcere da ottobre per reati contro il patrimonio. Hanno tra i 23 e i 50 anni. Mentre altri otto si sono rifugiati in Romania, dove “presto – assicura Mastrangelo – grazie alla collaborazione delle autorità di Bucarest verranno presi”. La denuncia di una vittima ha dato il via a mesi di intercettazioni e pedinamenti, nei quali è stato ricostruito l’organigramma della banda che gestiva il racket dell’elemosina a nord della città, nella zona che abbraccia il quartiere Niguarda, via Fulvio Testi e si spinge fino ai confini di Sesto San Giovanni. Il loro esercito di mendicanti era composto da almeno ventidue persone: anziani, storpi e paralitici. La maggior parte di loro era stata fatta arrivare dal distretto rumeno di Costanza, e in particolare dalla città di Medgidia. E in un caso – ricostruisce il gip – una persona sarebbe stata venduta dai propri familiari.

La promessa era allettante: un posto di lavoro nella città più ricca d’Italia. Ma una volta arrivati ai piedi della Madonnina, dopo interminabili viaggi a bordo di camion, stipati come bestie, il loro unico posto era in strada. Qui trascorrevano tutta la giornata a chiedere soldi. Il loro unico sostentamento era un panino o una birra, concessa dagli aguzzini. Nient’altro. Quando rientravano dopo dieci ore nei campi abusivi come quello di via Breda dove è stato filmato il pestaggio, dovevano consegnare almeno 50 euro per non essere malmenati e umiliati. Il business – ricostruiscono gli inquirenti – avrebbe fruttato decine di migliaia di euro. Soldi che i boss reinvestivano in patria con l’acquisto di case. E proprio in queste ore, in un campo in zona Fulvio Testi dove sono state arrestate cinque persone, gli agenti della Polizia Locale hanno sequestrato quasi duemila euro frutto dell’accattonaggio.

Le 14 ordinanze di custodia cautelare rappresentano il secondo atto di un’inchiesta nata due anni fa. Una storia simile a quella di oggi, che nel luglio scorso ha portato a sette condanne tra gli otto e i dieci anni. “La Procura di Milano è stata la prima in Italia ad occuparsi di questo fenomeno e questa nuova indagine è la conferma che la nostra attenzione e il nostro impegno per contrastarlo restano altissimi – dichiara Mastrangelo – Abbiamo vinto una battaglia e andremo avanti per vincere la guerra, perché per combattere questi reati vili non basta allontanare i mendicanti dalle strade, che sono soltanto vittime dei loro sfruttatori, ma bisogna colpire alla radice. C’è ancora molto da fare, perché il gruppo sconfitto oggi è solo uno dei tanti presenti in città”. Poi l’appello: “Se vedete questuanti disabili e avete anche il solo sospetto che possano essere sfruttati, segnalatelo all’autorità. Se volete aiutarli donate loro cibo o vestiti, mai denaro“. Mentre il Comune di Milano ha garantito assistenza sociale e psicologica per le ventidue vittime, che in alcuni casi, colte dalla sindrome di Stoccolma, hanno giustificato il comportamento dei loro schiavisti.

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