Otterranno giustizia i cittadini di Taranto? Sono oltre mille le richieste di risarcimento che il Gup del Tribunale dovrà esaminare nel processo per l’inquinamento Ilva. La speranza di chi punta al risarcimento era quella mantenere “congelato” il miliardo e 200 milioni di euro sequestrato ai Riva, proprietari dell’Ilva. Quella somma era stata sequestrata dalla magistratura milanese. L’accusa ai Riva è evasione e frode fiscale. Adesso quel miliardo e 200 milioni è stato però “scongelato” e messo a disposizione del Commissario straordinario dell’Ilva Piero Gnudi, anche per effetto del dlgs 61/2013.

Ma ci sono dei problemi.

“I fondi dei Riva sono custoditi all’estero e non sarà facile riuscire a incassarli”, si è lamentato il senatore del Pd Massimo Mucchetti, presidente della Commissione Industria.

Per accelerare i tempi e usare subito quei soldi, è perciò arrivato un altro parlamentare del Pd, Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, che ha scritto una risoluzione approvata da tutti i partiti politici. A dargli manforte sono arrivati anche otto deputati del M5S: gli onorevoli Massimo De Rosa, Samuele Segoni, Claudia Mannino, Mirko Busto, Federica Daga, Salvatore Micillo, Patrizia Terzoni e Alberto Zolezzi.

E’ stata una scelta inaspettata la loro, visto che – contemporaneamente – altri parlamentari del M5S prendevano una posizione completamente opposta.

“Lo sblocco di questi soldi coincide con il principio tutto italiano che chi inquina usa i profitti fatti sul dolore, la malattia e la morte della popolazione per continuare le letali attività inquinanti”. Lo hanno dichiarato in un comunicato stampa i deputati Diego De Lorenzis, Emanuele Scagliusi, Francesco Cariello, Giuseppe L’Abbate, Giuseppe D’Ambrosio, Giuseppe Brescia, i senatori Lello Ciampolillo, Barbara Lezzi, Daniela Donno, Maurizio Buccarella e l’europarlamentare Rosa D’Amato.

Ma qual è la posizione del M5S?

Quella di chi ha firmato la risoluzione di Realacci o quella di chi ha firmato il comunicato stampa che diceva l’opposto?

In queste ore è inutile chiedere chiarimenti. I “portavoce” del M5S si sono chiusi in un ermetico silenzio. A nulla è valsa la richiesta su Facebook di “taggare” i vari parlamentari online chiedendo spiegazioni.

Si dividono anche gli iscritti pentastellati.

C’è chi, come Bartolomeo, difende i deputati che hanno firmato la risoluzione del Pd: “Si può benissimo notare che mentre nel D.lgs 61/13 è consentito l’uso delle somme anche per l’Aia, nella risoluzione ciò non è consentito perché impegna esclusivamente al risanamento e bonifica ambientale”.

C’è chi invece come Luca annuncia: “Dopo diversi contatti ho saputo che nei prossimi giorni verranno ritirate le firme dei nostri deputati in commissione, i nostri parlamentari pugliesi hanno convinto i ragazzi in commissione ambiente. Lezione del giorno: mai, mai e poi mai fidarsi del Pd e tanto meno di quelli che sembrano i più dialoganti come Realacci”.

A cantar vittoria è intanto il Pd che, per voce del deputato tarantino Michele Pelillo, dichiara: “Risorse all’Ilva, risultato raggiunto grazie al Partito Democratico”.

Tuttavia l’Ilva ormai si sta accasciando come un drago morente: ha bruciato 2 miliardi e mezzo dal 2012 a oggi. Il suo punto di equilibrio per bilanciare i costi si attesta sui 7 milioni e 800 mila tonnellate/anno mentre lo scorso anno l’Ilva è riuscita a venderne solo 5 milioni e 800mila.

A ciò si aggiunge l’esigenza di pagare i costi del rifacimento degli impianti.

Uno dei lavori più urgenti sarà il rifacimento dell’altoforno 5, il più grande d’Europa, che da tempo doveva essere fermato per ammodernare i sistemi di abbattimento dell’inquinamento previsti dall’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale), ma che è stato usato in condizioni precarie fino a ora per mancanza di capitali.

Ora ci sono potenzialmente nuovi soldi…Ma sono – secondo la magistratura – frutto di una “frode fiscale”. Se verrà dimostrata l’accusa dei magistrati, quella somma ingente sarà dello Stato. Darla oggi all’Ilva potrebbe essere “aiuto di Stato”. La “distorsione della concorrenza” potrebbe innescare una nuova procedura di infrazione.

In altre nazioni il rifacimento degli impianti non si fa con aiuti di stato, è vietato.

E soprattutto ritorna a galla la domanda: ma come saranno risarciti i tarantini se il miliardo e 200 milioni entrerà nei bilanci dell’Ilva e verrà usato per i lavori di rifacimento degli impianti? Rischia di verificarsi a Taranto il caso della Caffaro di Brescia che, dopo aver prodotto Pcb e inquinato il territorio, è poi fallita, lasciando tutti nei guai.

Questo è lo spettro che aleggia a Taranto, ma chi ha firmato la risoluzione Realacci sembra esorcizzarlo.

A nulla servono le rassicurazioni di chi dice che quella risoluzione serve al “risanamento e alla bonifica ambientale”. E’ una formula generica e ambigua che ricorre due volte nella risoluzione ma che in nessun caso fa riferimento alla decontaminazione dei terreni e alla messa in sicurezza della falda. Quello su cui in realtà fa perno la risoluzione è che quella somma sia usata “quanto prima”. Ad un primo calcolo questo significa bruciare il “tesoretto” del miliardo e 200 milioni in meno di 13 mesi di attività produttiva al livello attuale di perdite mensili (95 milioni/mese), stando ai dati del Sole 24 ore che abbiamo rielaborato in un apposito modello di calcolo.

produzione Ilva

Articolo Precedente

Onu: le potenze si dividono gli oceani a colpi di dossier e nuove mappe

next
Articolo Successivo

Moncler e non solo: piume, carne e uova, difficile essere ambientalisti coerenti

next