“Ho restituito la tessera elettorale al ministro della Giustizia e non voterò”. Così Mario Congiusta, il padre di Gianluca, giovane ucciso dalla ‘ndrangheta a Siderno nel 2005, uno dei casi di cronaca più importanti di quegli anni. Il genitore mesi denuncia un vuoto legislativo che consente ai ”boss di comandare dal carcere” grazie alle loro missive che, per legge non possono essere usate come prove nei processi. “Ho scritto a Matteo Renzi ma non mi ha risposto. Con questa legge anche Totò Riina potrebbe scrivere a chiunque dei suoi scagnozzi e ordinare di uccidere il pm Nino Di Matteo. Quella lettera non potrà mai essere utilizzata contro di lui in un tribunale”. Il paragone non è casuale perché il processo contro il killer del figlio, il boss latitante Tommaso Costa, è stato rinviato in Cassazione anche perché non è stato possibile utilizzare tutte le prove contro di lui  di Lucio Musolino

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