L’Italia rappresenta “il test chiave” per capire se avrebbe senso che la Banca centrale europea si mettesse a comprare titoli di Stato, imitando il QE (quantitative easing) della Fed americana o della Banca del Giappone. Ed “è difficile vedere cosa il QE possa fare per l’Italia”. E’ un editoriale del Wall Street Journal a fissare l’obiettivo sul Paese che i test della Bce hanno rivelato essere quello con le banche “più deboli d’Europa”, mentre il presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, torna a chiedere riforme strutturali, in un doppio messaggio ai Paesi dell’Eurozona: il Patto di stabilità con il suo limite del 3%, dice, va rispettato. E la crescita si può sempre stimolare tagliando gli sprechi della spesa improduttiva per creare “margini di bilancio per ridurre il carico fiscale e aumentare gli investimenti pubblici”, mentre spesso i governi hanno cercato di risanare proprio aumentando le tasse e tagliando gli investimenti.

Se le parole di Draghi sembrano implicitamente rivolte anche all’Italia, l’editorialista Simon Nixon sul Wsj dedica un’intera pagina proprio alla Penisola. Concludendo che il QE può far poco. Pesano le banche italiane, ingessate da un governo societario antiquato che ha prodotto basse capitalizzazione e redditività che strozzano il credito. E le sue imprese poco competitive, con 320 miliardi di crediti bancari in sofferenza, uno “scioccante 16% dei prestiti in essere” secondo il giornale americano. “Dopo gli stress test, le priorità devono essere le regole da dare alle banche e come aiutare le banche a dare credito a realtà che sono così piccole e basterebbe pochissimo a salvarle”, dice il presidente del Consiglio Matteo Renzi da Brescia.

Il Wsj la fa più complicata: per far funzionare un maggiore attivismo della Bce ci vorrebbe – dice – una riforma della giustizia civile in Italia che velocizzasse le ristrutturazioni di questi debiti delle aziende, liberando capitale e dunque credito. E investimenti per rafforzare il capitale delle aziende “buone ma iper-indebitate” (ma spesso poco aperte a nuovi investitori per non perdere il controllo) e “comprare i prestiti ristrutturati togliendoli dai bilanci delle banche”. Mentre tanti investitori “sono spaventati dall’esporsi verso l’Italia”. E il private equity vale “appena lo 0,2% del Pil”, spiega il Wsj. La Bce di Mario Draghi lo ha presente. Dopo le obbligazioni garantite (4,8 miliardi con l’accelerazione della scorsa settimana) ora è pronta a comprare i prestiti cartolarizzati, liberando un pò di quegli asset problematici che le banche hanno in pancia: un insieme di misure, assieme ai prestiti Tltro, che avrà un impatto “notevole” sul bilancio Bce che Draghi vorrebbe riportare ai 3.000 miliardi del 2012 (dai circa 2.000 attuali). Per il QE (che coinvolgerebbe i titoli di Stato) il dibattito è in corso. E non è un caso che Draghi chieda in continuazione riforme strutturali.

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