La rete può essere un grande punto di partenza per promuovere il proprio brand, ma può anche essere il punto di arrivo per una strategia di comunicazione sbagliata.

Ieri sera, la trasmissione Report ha acceso i riflettori sull’azienda Moncler, scavando su presunte irregolarità nella gestione della materia prima (le piume), nella bassa qualità del prodotto finale (le piume sembra vengano mischiate con altre di infimo valore) e infine, nella scarsa sensibilità per il lavoro che manca in Italia a discapito delle fabbriche nell’est europeo.

In questi casi, quando ci si trova di fronte ad uno svelamento mediatico così importante, l’azienda può scegliere due strade. La prima, controbattere, significa avere la sicurezza dei propri mezzi, dimostrare l’infondatezza delle tesi giornalistiche e sfruttare il polverone creato a proprio vantaggio, dimostrando quanto sia sana l’azienda.

La seconda, tacere o scaricare la colpa, è invece una strategia più subdola, più vergognosa, perché non significa solo ammettere tutte le colpe che i media hanno esposto, ma significa soprattutto ignorarle ponendo l’accento sul “tanto prima o poi nessuno se ne ricorderà più”.

Come tutte le famiglie, che verificano la provenienza di ciò che acquistano per i propri figli, anche un’azienda ha la responsabilità etica e morale di controllare i propri fornitori, da cui non ci si può distaccare quando i problemi vengono a galla. Un’azienda nel 2014 deve comunicare sani principi perché li applica nella propria filiera. La trasparenza è la comunicazione del futuro.

Quello che sta accadendo su Facebook in questo momento sulla fan page ufficiale di Moncler è un putiferio di insulti e ingiurie. Non è la prima volta che i brand vengono trafitti sui social da critiche feroci, è successo ad Algida, è successo a Calzedonia, è successo a Barilla.

Ma cosa accade dopo? Davvero ci sono perdite consistenti per il brand?

No, anzi, spesso il brand riesce a reinventarsi e a migliorare ancora di più la propria presenza pubblica, nonostante le critiche subite pochi mesi prima.

I social network non perdonano, ma dimenticano. Ecco quindi che la grande concentrazione di insulti a carico di Moncler in queste ore viene ignorata dall’azienda, perchè purtroppo la storia (recente) della rete ci ha insegnato che gli insulti virtuali non sono seguiti da prese di coscienza come consumatori. Per quanto ci sia il mito della comunicazione orizzontale, non è quella che preoccupa i brand.

Chi non dimentica, ancora nel 2014, è la stampa. Cercare Moncler oggi su Google significa cominciare a vedere le infiltrazioni dello scandalo, sia sui risultati di ricerca che sulle news. Questo è quello che preoccupa di più un brand.

google-moncler

Se davvero volete rappresentare un’idea di economia diversa, fate modo che la conoscenza di fatti che non vi rappresentano non sfoghi in insulti, ma in prese di posizione concrete. I brand saranno costretti a rispondervi, e a rendervi il conto.

La vostra voce avrà molto più peso.

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