Si sgretolano le speranze per oltre 200 studentesse rapite dal gruppo islamico jihadista Boko Haram. “Si sono convertite all’islam e sono state date in sposa“, ha detto in un video diffuso nella notte e ottenuto da Associated Press, il numero uno dei jihadisti attivi in Nigeria. Sembra quindi interrotta ogni possibilità di uno scambio di prigionieri per liberare le oltre 200 ragazze rapite lo scorso aprile. Sempre nel video, il leader della formazione islamica estremista nigeriana, Abubakar Shekau, ribadisce di non aver mai accettato alcuna tregua. “In questa guerra non si torna indietro”, ha affermato.

Video e rivelazioni decisamente inaspettate, dopo che meno di un mese fa il capo dell’esercito della Nigeria ha annunciato che Boko Haram aveva accettato un immediato cessate il fuoco per mettere fine all’insurrezione scoppiata cinque anni fa e costata la vita a migliaia di persone. Un’annuncio che aveva fatto sperare per la sorte delle ragazze sequestrate, anche se dopo pochi giorni i servizi di sicurezza avevano rettificato che l’intesa non era ancora stata raggiunta. Tanto che ora, i colloqui sembrano essere degenerati e per la sorte delle ragazze si inizia a temere il peggio.

L’incubo per le oltre 200 giovani studentesse era iniziato lo scorso 14 aprile. I fondamentalisti, dopo essere penetrati con forza all’interno di un liceo a Chibok nel nord-est del Paese, sequestrarono le ragazze portandole nel cuore della foresta al confine con il Camerun. Alcune ragazze riuscirono a fuggire nelle prime ore del sequestro e nei giorni successivi al rapimento, ma della maggior parte di loro, circa 219, si persero le tracce. Il 5 maggio in un video Shekau rivendicò il sequestro minacciando di venderle come schiave dopo averle costrette a convertirsi all’Islam. La settimana seguente in un altro video vennero mostrate 130 ragazze, completamente velate mentre recitavano versetti del Corano. Nella rivendicazione Shekau chiese la liberazione dei prigionieri Boko Haram in cambio delle liceali.

Il sequestro ha sollevato indignazione e sconcerto a livello mondiale con numerose personaggi politici, tra cui Michelle Obama, scesi in campo per reclamarne la liberazione nell’ambito della campagna “Bring back our girls“. Nei giorni scorsi, a sei mesi esatti dal rapimento, anche il premio Nobel per la pace Malala Yousafzaiaveva lanciato un appello. Intanto secondo quanto ha reso noto il ministero della Difesa camerunense, 107 jihadisti e 8 militari di Yaoundé sono rimasti uccisi in violenti scontri avvenuti a metà ottobre vicino alla frontiera con la Nigeria. Immediata la reazione del gruppo islamico: pochi giorni dopo, altre 60 ragazze tra i 12 e i 17 anni sono state rapite nella regione di Adamawanel nord est del Paese. Episodi che ora si teme possano diventare sempre più frequenti, dopo che non è  stato raggiunto l’accordo sulla liberazione dei prigionieri e le ragazze restano in balia dei jihadisti.

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