E’ una decisione di grande importanza per Internet, per gli internauti e per il copyright, quella adottata dalla Corte di Giustizia Ue.

La Corte ha stabilito infatti che incorporare, “embeddare” senza autorizzazione un video da una piattaforma di videosharing non costituisce violazione del diritto d’autore poiché il contenuto, sebbene riprodotto, è già pubblico. A parere della Corte, non c’è violazione nemmeno quando il contenuto del video embeddato violi di per se stesso il copyright.

Perché l’embedding di un contenuto multimediale, il copia e incolla cioè del codice html per visualizzarlo su una pagina diversa dall’originaria, non infrange il diritto d’autore? Diritto europeo alla mano, l’embedding non rappresenta una “nuova forma di comunicazione“.

La decisione nasce a seguito di un’istanza presentata dalla BestWater International, una società tedesca che opera nel settore dei filtri per l’acqua. A scopi di pubblicità comparativa, la BestWater si era vista riprodurre i video commerciali dei propri prodotti sul sito di una società concorrente.

La questione giuridica di fondo che ha portato al pronunciamento della Corte del Lussemburgo è ruotata, sostanzialmente, nello stabilire se fosse legale o meno incorporare contenuti protetti dal copyright senza chiedere il preventivo permesso al titolare dei diritti. Mentre la legislazione europea in materia di diritto d’autore è alquanto restrittiva, ben poco, invece, viene specificato rispetto all’embedding.

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Il testo integrale della decisione (adottata con ordinanza) non è disponibile sul sito della Corte Ue, ma TorrentFreak.com, specializzato sui temi del diritto d’autore e della pirateria online, ne ha avuto copia (in tedesco, tra qualche giorno sarà disponibile in tutte le lingue comunitarie) da Bernhard Knies, legale degli imputati.

Nell’ordinanza – che specifica tra l’altro che il contenuto embeddato non deve essere stato alterato o diffuso per la prima volta – si legge: “L’incorporamento in un sito web di un’opera protetta, che è pubblicamente accessibile su un altro sito, per mezzo di un collegamento tramite frame di per sé non costituisce una comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva Ue sul copyright nella misura in cui l’opera in questione non è comunicata ad un nuovo pubblico, né si utilizza uno specifico mezzo tecnico diverso da quello utilizzato per la comunicazione originale”.

La fattispecie è stata decisa sulla scorta del caso Göteborgs-Posten che pochi mesi fa ha riconosciuto la legittimità della riproduzione dei link.

Sul sito del giornale svedese Göteborgs-Posten venivano pubblicati, in libero accesso, una serie di articoli di stampa redatti da vari giornalisti di testate svedesi diverse. Gli articoli erano forniti dalla Retriever Sverige, società che procura collegamenti internet «cliccabili», gli hyperlink o  i link,  proprio verso articoli pubblicati su altri siti. La Retriever  Sverige non aveva tuttavia chiesto agli autori l’autorizzazione ad approntare i link verso gli articoli.

Lo Svea hovrätt (Corte d’appello di Svezia) aveva adito la Corte di giustizia chiedendo se la fornitura di link di tal genere costituisse un atto di comunicazione al pubblico ai sensi del diritto dell’Unione in quanto la legge europea prevede che gli autori dispongano del diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsivoglia comunicazione al pubblico delle proprie opere. Nell’ordinanza, la Corte rilevava che la fornitura di link «cliccabili» verso opere protette fosse in linea con il diritto comunitario poiché non si trattava di “pubblico nuovo“, vale a dire un pubblico non preso già in considerazione dai titolari del diritto d’autore al  momento dell’autorizzazione iniziale, vale a dire al momento della pubblicazione dell’articolo sul sito di origine.

La decisione della Corte europea è un vero e proprio cambio di rotta per l’intero diritto comunitario in considerazione del fatto che in passato vi sono state delle condanne per plagio a seguito di pubblicazioni online che ricorrevano proprio al meccanismo dell’embending e del framing.

In Italia, recente è la diatriba che aveva visto su fronti opposti la Siae e vari siti che si occupano di cinema che si erano visti richiedere il pagamento dei diritti per la riproduzione sul web dei trailer cinematografici.

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