L’Aula del Senato dà il via libera al ddl sulla diffamazione. I sì sono stati 170, i no 10 e 47 gli astenuti. Il testo torna ora alla Camera. Tra i contenuti principali del disegno di legge lo stop al carcere per i giornalisti, l’introduzione del diritto dall’oblio oltre a quello di rettifica ed estensione delle sanzioni pecuniarie anche per le testate online. Sul testo, già modificato in commissione Giustizia, l’Aula di Palazzo Madama aveva dato l’ok anche ad alcuni emendamenti, tra i quali uno presentato da Cinque Stelle, con il parere favorevole del Governo, inerente proprio all’estensione delle multe anche per le testate online.

Tra i voti contrari quelli di Sinistra Ecologia e Libertà: “Siamo costretti a votare contro questa legge sulla diffamazione a mezzo stampa – ha dichiarato in Aula il senatore Peppe De Cristofaro – pur consapevoli dell’importanza e dell’urgenza di affrontare il problema, bisogna però coniugare la tutela delle persone con la difesa della libertà di stampa”. Secondo De Cristofaro, invece, “purtroppo questa legge presenta aspetti punitivi e intimidatori. È senz’altro molto positivo aver cancellato la pena detentiva per i giornalisti, tuttavia le sanzioni pecuniarie costituiscono un’arma di ricatto forse ancor più temibile, soprattutto per i giornalisti precari e freelance non legati ai grandi gruppi editoriali. E’ poi insensato l’obbligo di rettifica senza diritto di controreplica per il giornalista presunto diffamatore”.

La novità più importante del passaggio al Senato è stata l’introduzione – grazie a un emendamento di Felice Casson (Pd) – di una norma per limitare le cosiddette “querele temerarie” o in cui risulta malafede o colpa grave di chi agisce in sede di giudizio. La relatrice del testo Rosanna Filippin (Pd) ha poi proposto una riformulazione (con parere favorevole del governo). L’emendamento prevede che il giudice “può” condannare il querelante “al pagamento a favore del richiedente di una somma in via equitativa” che resta non specificata.

Soddisfatta la senatrice Filippin secondo la quale l’obiettivo principale di questo disegno di legge resta “l’eliminazione della pena detentiva per i giornalisti responsabili del reato di diffamazione, richiesta che ci è stata manifestata in tutti i modi da parte dell’Europa, che considera ormai questa punizione arcaica e non più rispondente ai diritti di opinione e di informazione esistenti nel mondo reale”. Quanto alla rettifica, altra questione che suscita polemiche, “è prevista senza risposta, senza commento e senza titolo: è vero, è pesante come conseguenza, ma la rettifica fatta ai sensi di questo testo consente una condizione di non punibilità”. Infine il diritto all’oblio “inserito per la prima volta nel nostro ordinamento. Un cittadino ha diritto prima o poi di chiedere a un motore di ricerca la cancellazione di una notizia non più rispondente al vero oppure agganciata o nata tanti anni fa? Questa è la questione. Tutto ciò avviene attraverso il vaglio di un giudice”.

Stop carcere per i giornalisti
E’ forse la novità principale del provvedimento che, sostituisce, per chi diffama a mezzo stampa, la pena detentiva con una sanzione pecuniaria fino a 10mila euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità, la multa va dai 10 ai 50mila euro. La rettifica, se conforme a quanto prevede il testo, sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità sia per il direttore responsabile sia per l’autore dell’offesa. L’interdizione da uno a sei mesi dalla professione, con un emendamento approvato oggi in Aula, è prevista solo nei casi di recidiva reiterata.

Risarcimento del danno
Nella diffamazione a mezzo stampa il danno sarà quantificato sulla base della diffusione della testata, della gravità dell’offesa e dell’effetto riparatorio della rettifica. L’azione civile dovrà essere esercitata entro due anni dalla pubblicazione.

Rettifica
Il direttore o, comunque, il responsabile deve pubblicarla gratuitamente, entro due giorni dalla ricezione della richiesta, senza risposta, senza commento e senza titolo e menzionando titolo, data e autore dell’articolo da rettificare. L’obbligo di rettifica vale per quotidiani, periodici, agenzie di stampa, nonché nelle testate giornalistiche online, che invieranno la rettifica agli utenti che hanno avuto accesso alla notizia cui si riferiscono. La rettifica non va pubblicata se hanno contenuto suscettibile di incriminazione penale o se sono documentalmente false.

Diritto all’oblio
Fermo restando la rettifica l’interessato può chiedere ai siti internet e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della legge. In caso di rifiuto lo stesso può chiedere al giudice di ordinare la rimozione.

“Querele temerarie”
Tra gli emendamenti approvati oggi anche quello che scoraggia le querele temerarie. La modifica, a firma di Felice Casson e sul quale la relatrice Rosanna Filippin (Pd) ha chiesto e ottenuto una riformulazione prevede che, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza di rigetto, possa condannare al pagamento di una somma (non specificata) in via equitativa chi ha agito in sede di giudizio in malafede o con colpa grave. Ugualmente, il giudice può condannare ad un risarcimento ‘equitativò il querelante, se risulta la temerarietà della querela.

Responsabilità direttore
Fuori dei casi di concorso con l’autore del servizio, il direttore o il suo vice non rispondono più “a titolo di colpa” a meno che il delitto non sia conseguente alla violazione dei doveri di vigilanza della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo mentre è esclusa la pena accessoria dell’interdizione dalla professione.

Segreto professionale
Non solo il giornalista professionista, ma ora anche il pubblicista potrà opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti.

Ingiuria/diffamazione
Anche per l’ingiuria e la diffamazione tra privati viene eliminato il carcere, ma aumenta la multa (fino a 5mila euro per l’ingiuria e 10mila per la diffamazione) che si applica anche alle offese arrecate in via telematica. La pena pecuniaria è aggravata se vi è attribuzione di un fatto determinato. Risulta abrogata l’ipotesi aggravata dell’offesa a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.

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