Cinquantamila questionari compilati, oltre 623mila naviganti che hanno letto il documento “La Buona Scuola”; più di 600 dibattiti in tutto il Paese e 1081 proposte arrivate online che animano le “stanze” dello spazio di discussione predisposto dal ministero della Pubblica Istruzione. Sono gli ultimi dati che il ministro Stefania Giannini ha dato sulla consultazione in atto. Pochi? Tanti? Se pensiamo che gli insegnanti sono più di 720mila e gli studenti della secondaria superiore superano i 2 milioni, stiamo parlando di altre cifre.

Ma per il ministro è già un successo: “Abbiamo raggiunto il primo grande obiettivo. Non volevamo – ha spiegato la titolare di viale Trastevere ai microfoni di Radio Popolare – raggiungere i grandi numeri con quattro domande secche ma abbiamo fatto 28 quesiti molto precisi perché ci interessa capire nel merito quali proposte potranno arricchire la Buona Scuola: la proposta che uscirà dopo la consultazione sarà diversa da quella in entrata”. Resta il fatto che di scuola si è tornato a parlare e al ministero tutto lo staff dirigenziale è impegnato a promuovere la “Buona Scuola”.

I più refrattari alla compilazione online restano comunque i docenti: “Ho letto i commenti sul documento della riforma ma non ho trovato nulla che mi incoraggiasse a leggere il testo per intero. Mi sono rifiutata di fare il questionario – spiega Donatella Ventura, professoressa in una scuola media di Ragusa -. Non sono questi gli strumenti per costruire una scuola diversa. Ne abbiamo anche parlato tra insegnanti. Sono pochi i colleghi che l’hanno fatto. Ad alcuni nemmeno era arrivata la notizia che c’era un questionario cui rispondere”.

A Bologna anche la professoressa di lettere Cecilia Alessandrini è tra quelle che non ne hanno voluto sapere di dedicare tempo al questionario. Lei le 126 pagine le ha lette: “Di questa proposta di riforma salvo l’idea di rivalutare la nostra professionalità ma sono preoccupata della competitività che si vuole creare tra docenti con un sistema premiale che andrà a sfavorire la cooperazione. Il sondaggio non l’ho fatto perché era prevalentemente a risposte chiuse. Così è squalificante”. Maria Pia Serlupini, insegnante alla scuola primaria e Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza in Umbria non ha ancora letto tutto il documento ma si è ripromessa di farlo: “Ne abbiamo discusso in collegio docenti. Mi lascia perplessa il fatto che la scuola dell’infanzia sia stata dimenticata. Compilerò sicuramente il questionario prima del 15 novembre perché serve farlo, per partecipare”.

Così la pensa anche Silvia Frezza, maestra che insegna in un container a L’Aquila: “Stiamo esaminando la proposta di riforma a livello d’istituto: ho l’impressione che stiamo tornando a una scuola d’altri tempi. Comunque risponderò alle domande che ha posto il Miur perché voglio far sentire la mia voce”. Intanto se si esamina cosa succede nelle “stanze” si può già avere una fotografia di ciò che gli italiani pensano della riforma proposta dalla Giannini: al pensiero computazionale e al coding è riservata alcuna attenzione visto che vi è una sola proposta e nemmeno un like. Nulla che possa sorprendere la Giannini. “Non mi stupisce che sia così, vediamo poi alla fine. Credo che ci sia un gran lavoro non solo di formazione ma anche di iniziazione a questi temi: gli insegnanti sono stati abituati a vedere la scuola digitale solo come infrastrutture, ma è anche una rivoluzione di pensiero”.

In pochi mostrano interesse anche per la questione della dispersione scolastica (7 proposte e 8 like) e della formazione dei docenti (20 proposte, 42 like). Tante invece le proposte (500) legate alle norme e procedure da abolire e ai laboratori: Michael propone di superare il concetto dell’aula di informatica; Annamaria chiede di ripristinare le ore di compresenza nei laboratori; Maria suggerisce di attivare lo sportello di counselling filosofico; Gianfranco pensa a dei laboratori officina utili al territorio. Non mancano i consigli sul tema dell’innovazione che registra 463 “mi piace” e 69 proposte: Elisabetta vorrebbe un esperto di tecnologie didattiche in ogni scuola e fondi per la manutenzione della strumentazione; Marco propone di registrare le lezioni; Clara mette l’attenzione sul fatto che lo studente dovrebbe imparare a gestire tutti i sistemi operativi. Non si sa ancora cosa ne faranno esattamente di tutte queste idee al Miur. Il 15 novembre scade la consultazione: al ministero si sarebbero aspettati qualcosa in più dai dirigenti scolastici per promuovere il dibattito. Ma già ora possano vantare un coinvolgimento che finora non era mai avvenuto.

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