Bisogna ammettere che il mondo universitario è un’inesauribile fonte di sorprese: questa volta a sbalordirci è Stefano Paleari, ormai da un anno megapresidente della Crui (Conferenza dei Rettori delle Università italiane). Candidato perfetto, si presentò alla consultazione con le carte in regola: ad esempio, la sua università di Bergamo deteneva il prestigioso record delle tasse studentesche più esose in rapporto ai fondi statali, ma nonostante i soldi incassati offriva servizi agli studenti nettamente inferiori alla media. Il virtuosismo non mancò di affascinare i suoi magnifici colleghi, che lo decretarono unanimi loro Presidente.

Da quando è stato eletto non ha fatto parlare molto di sé: forse perché troppo impegnato a proseguire nel suo oscuro e pluriennale lavoro di svendita degli atenei agli interessi confindustriali… ma ora pare abbia deciso di recuperare il tempo perduto.

Per il suo debutto nell’arena del Fantamondo ha scelto un’occasione impegnativa: l’assemblea di Confindustria, riunita nella sua Bergamo, con ospite d’onore nientemeno che il vero Matteo Renzi in carne ed ossa. Di fronte all’esuberante potenza di fuoco del Bomba, Paleari non si fatto intimidire: anzi, nel timore di perdere la sfida pallonara, ha pensato bene di esagerare.

Per farlo, ha dovuto smentirsi da solo. Nella sua lettera di candidatura a presidente Crui, ospitata un anno fa dal sito Roars, poche cose erano chiare tranne una: Paleari invocava, con severo cipiglio, “un modello equo ed equilibrato e soprattutto stabile di finanziamento” per le università. Roba sensata, ma scontata e banale: decisamente non in grado di catturare la preziosa attenzione del premier. Il Magnifico, dopo aver visionato video di Renzi per dodici ore di fila, deve aver pensato che ci voleva un’inversione ad U. Rottamiamo il passato, buttiamoci! Il futuro è una scommessa: o la va, o la spacca.

E così, ecco che il giorno prima del fatidico incontro Paleari scrive un articolo per il giornale di Confindustria (tanto per restare in famiglia) rivolgendosi a Renzi in persona. Dopo un esordio confuso, ingrana la marcia della meritocrazia e della sfida globale e invoca ispirato una svolta, “la stessa che Matteo Renzi chiede al paese. Ebbene, il premier metta alla prova le università italiane (…) agganci il finanziamento delle Università al Pil. Le Università scommettono insieme al Governo sul Paese e sulla sua ripresa”.

Insomma, basta chiedere noiosi finanziamenti stabili. Se l’anno prossimo il prodotto interno lordo sale allora ci sono i soldi, se invece scende inutile accanirsi contro il destino cercando di rianimare un paese in agonia… meglio dargli il colpo di grazia: si chiude baracca e buonanotte al secchio.

Cosa frulli nella mente del Magnifico tra i Magnifici è difficile da capire. A parte il fatto che l’idea di finanziamenti certi sembrava solidamente motivata, scommettere sul Pil italiano sembra, di questi tempi, un tantinello azzardato. A meno che The Wonderful non pensi che basti lasciare le università italiane “libere di competere” per risollevare il Pil nel giro di un paio d’anni: in quel caso ci vorrebbe la camicia di forza. O forse ha visto il grafico del Pil italiano e ha pensato che non si può scendere per sempre, l’anno prossimo sarà quello buono… d’altra parte, migliaia di persone inseguono i numeri ritardatari al lotto: non possono mica sbagliarsi tutti quanti!

Italys-Lost-Decade

Purtroppo per il nostro, Renzi ha capito al volo di avere di fronte un temibile rivale: ha accettato la sfida a parole, ma da consumato pokerista della fuffa ha rilanciato chiedendo che prima le università diventino “i luoghi in cui nascono le idee di business”, laboratori ove escogitare e sperimentare nuovi sistemi per lucrare sui bisogni delle persone.

Paleari è stato quindi rispedito a casa a studiare: ma, in attesa di ascoltarlo dal vivo, ospite d’onore all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Torino, mi permetto di dargli un modesto suggerimento. Invece di scommettere sul Pil, perché non ci giochiamo il finanziamento direttamente al Superenalotto? Con 6 miliardi di euro le università potrebbero fare 40 milioni di giocate per ognuna delle 150 estrazioni dell’anno!

Se la va, le università finalmente riusciranno a funzionare meglio: e se la spacca, i soldi ritorneranno direttamente nelle mani dello Stato che potrà impiegarli per opere veramente indispensabili, tipo le scuole cattoliche, gli F35 o magari la Tav per Lione… in questo modo non risolveremo il problema della fuga dei cervelli, ma perlomeno gli renderemo il viaggio un po’ più rapido.

Articolo Precedente

Manifestazione Cgil 25 ottobre, perché non andrò in piazza

next
Articolo Successivo

Scuola, la crisi blocca le gite: solo il 42% delle classi va in viaggio d’istruzione

next