Cento milioni meno del previsto (250 anziché 350) per le persone non autosufficienti. E il congelamento del fondo politiche sociali, che resta a quota 300 milioni. Dopo aver letto, giovedì, i numeri contenuti nel testo definitivo della legge di Stabilità, le associazioni che si occupano di disabilità sono sul piede di guerra e intendono mobilitarsi. Perchè il governo che ha promesso una riforma organica del terzo settore con risorse ad hoc si sta muovendo in modo incoerente. Da un lato stabilizza il 5 per mille e, dal 2015, aumenta a 500 milioni il tetto massimo di risorse che lo Stato, su indicazione dei contribuenti, girerà ad associazioni di volontariato, onlus e enti che si occupano di ricerca scientifica. Dall’altro, però, toglie risorse al piano per la non autosufficienza. Che comprende anche il sostegno ai malati di Sla, la patologia di cui quest’estate si è parlato grazie alla campagna di sensibilizzazione Ice Bucket Challenge, alla quale il premier Matteo Renzi e alcuni ministri non hanno mancato di partecipare. Ma dalla doccia gelata ai fatti concreti la distanza, evidentemente, è notevole.

La denuncia arriva da Federazione associazioni nazionali disabili (Fand), Comitato 16 novembre, Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) e Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), che giovedì, convocate al ministero del Lavoro, hanno scoperto il doppio “schiaffo”. Arrivato nonostante le richieste di Franca Biondelli, sottosegretario al Lavoro con deleghe su politiche sociali, integrazione e famiglia, che aveva spinto per una previsione di spesa di 350 milioni per entrambi i fondi. Che invece, secondo la portavoce del Comitato Mariangela Lamanna, vengono ridotti “a un importo inutile”.

Una considerazione davanti alla quale vale poco il “contentino” dato dal fatto che diventano strutturali (cioè non dovranno cioè più essere rifinanziati ogni anno). “Abbiamo espresso un no secco, rotondo e deciso ad ogni taglio ai fondi”, fa sapere il presidente della Fish, Vincenzo Falabella, “chiedendo anzi un impegno che porti nel giro di tre anni lo stanziamento a un miliardo unitamente all’avvio di politiche adeguate”. Di conseguenza dal 4 novembre le associazioni manifesteranno insieme sotto la sede del ministero dell’Economia. Per chiedere da un lato che i finanziamenti siano rimpolpati, dall’altro che sia convocato entro fine mese di un tavolo di lavoro con l’obiettivo di  elaborare un Piano nazionale per la non autosufficienza, finalizzato all’assistenza domiciliare, alla libera scelta del paziente e al riconoscimento giuridico ed economico del caregiver, cioè il famigliare che si dedica all’assistenza del congiunto malato o diversamente abile.

Nel giro di tre anni chiediamo che lo stanziamento sia portato a un miliardo

Dal sottosegretario al Tesoro Enrico Zanetti è arrivato per ora solo il riconoscimento che “preoccupazione e richieste delle associazioni sono legittime” e un rimpallo di responsabilità: “Chi ha fatto finanza pubblica, e tanta, sulla pelle dei non autosufficienti è stato il governo Berlusconi nella legge di stabilità per il 2011, arrivando addirittura ad azzerare, ripeto azzerare, un fondo che nel 2010 valeva 400 milioni. Da allora il rifinanziamento del fondo è avvenuto tra mille incertezze anno per anno, rendendo impossibile agli operatori qualsiasi pianificazione, in un contesto di precarietà finanziaria totale”. Al contrario “in questa legge di Stabilità noi rifinanziamo il fondo per 250 milioni, ma, cosa più importante, dopo un governo che lo aveva azzerato e due che non erano riusciti ad andare oltre un rifinanziamento una tantum, lo rifinanziamo in modo strutturale per tutti gli anni a venire dal 2015 in avanti”.

Nell’attesa di capire se il Parlamento, in sede di approvazione del ddl, riuscirà a incrementare i fondi, alle proteste si unisce anche l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (Anmil), che rappresenta gli invalidi e i mutilati del lavoro. La onlus, come le Acli e tutti i patronati, è infatti penalizzata da un taglio dei contributi pubblici di 150 milioni l’anno su 430 a partire dal 2015. Una decisione che, ha avvertito il direttore generale Sandro Giovannelli in un’intervista a Vita, “cancella i patronati stessi, che fanno parte della storia del nostro Paese e sono previsti dall’articolo 38 della Costituzione italiana”. Secondo Maurizio Soru, responsabile regionale Ital Uil Lazio e Umbria, la riduzione delle risorse è “un attacco ai cittadini e alle loro tutele, perché i patronati offrono servizi gratuiti indispensabili e negli ultimi anni, da quando l’Inps ha introdotto l’invio delle domande per via telematica, hanno visto gli accessi ai propri uffici aumentare del 70%”. Di conseguenza, è il giudizio del patronato della Uil, la norma si tradurrà in “minore equità sociale: chi ha bisogno di assistenza fiscale e sulle prestazioni sociali dovrà rivolgersi a consulenti a pagamento”. E in più “saranno a rischio 6mila posti di lavoro, pari a circa il 40% dei dipendenti dei patronati”.

Quanto alle altre misure per il sociale contenute nel ddl, per tradurre in pratica i contenuti della delega sulla riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile universale vengono stanziati 50 milioni per il 2015, 140 per il 2016 e 190 dal 2017. Viene poi aumentato il tetto massimo del risparmio fiscale ottenibile da chi fa donazioni alle onlus, che sale a 30mila euro contro i 2.065 attuali. Considerato che le erogazioni sono detraibili al 26% dall’Irpef e deducibili ai fini Ires fino a un limite del 2% del reddito di impresa, la relazione tecnica stima che la novità possa determinare minori entrate fiscali per 34 milioni nel 2016 e una ventina dal 2017. Per il rifinanziamento della social card destinata alle persone in situazione di povertà ci sono infine 250 milioni, la stessa cifra messa in campo per il 2014.

Articolo Precedente

Sostenibilità, dietro gli “indici etici” più forma che sostanza. E molto marketing

next
Articolo Successivo

Testamento solidale, ecco come e che cosa si può lasciare alle associazioni

next