Sulle note di “L’anno che verrà” di Lucio Dalla, Michele Santoro apre la nuova puntata, esordendo: “Caro amico ti scrivo, ma non sei Marco Travaglio”. E rievoca il modo in cui ha conosciuto il condirettore de Il Fatto Quotidiano: ” Travaglio lo ospitai per la prima volta per parlare di Moggi. Travaglio è juventino. E’ un giornalista di razza, di talento. Gli proposi subito di lavorare per me. Nacquero, con Travaglio protagonista, le trasmissioni per cui venni cacciato da tutte le tv nazionali. Io ho deciso di fare di Marco Travaglio il simbolo della lotta alla censura. Penso di aver tolto dalla faccia la vergogna per il conflitto di interessi. Lottando contro la censura” – continua – “sono diventato molto amico di Travaglio, di Biagi, di Luttazzi, persone così diverse e lontane da me, differenti dal mio modo di pensare. E pensavo che il mio Paese diventasse più tollerante nei confronti di opinioni diverse”. Poi aggiunge: “Caro amico ti scrivo, però non sei Beppe Grillo. Ma anche per dare la parola a Grillo ho rischiato il licenziamento. Ero convinto che il suo movimento avrebbe cambiato il sistema. Il sistema è però crollato e Grillo si è fatto Stato. Nonostante i 2000 euro versati, senza l’intervista, non sono ancora pronto a dire che su Grillo mi sono sbagliato”

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