E’ il writer più noto del Nord Est, chi ha percorso le strade del Triveneto si è sicuramente imbattuto in un “micio” di Sqon, firma e tratto distintivo dell’artista di Montereale Valcellina (Pordenone). I suoi gattoni colorati compaiono in punti ben visibili delle strade del Friuli e del Veneto: muri, ponti, edifici abbandonati o gli “ecomostri” spesso incompiuti che deturpano le campagne. Nel 2011 Sqon (al secolo Andrea Alzetta) viene denunciato dalla polizia di Venezia perché ritenuto l’autore di tre gatti dipinti sui muri di alcune calli della laguna. La polizia avvia l’operazione anti-graffiti e, vista la notorietà di Sqon, le forze dell’ordine risalgono a lui. “Mi sono ritrovato a casa la polizia che ha perquisito l’appartamento”, racconta Andrea. “Hanno riempito un furgone di materiale, tra bombolette spray, tele, disegni e magliette. Ho saputo in seguito che tutti gli oggetti sequestrati servivano per la conferenza stampa, dove la polizia voleva dimostrare di aver portato a termine un’operazione i cui si metteva alla gogna gli “imbrattatori” della città, neanche avessero stanato le Brigate rosse”. Sqon viene denunciato e la procura avvia il processo ai danni del ragazzo.

Le autorità chiamano a testimoniare i proprietari dei palazzi in cui erano disegnati i gatti ma nessun cittadino ha mai denunciato il writer. Anzi, in sede di processo i veneziani dichiarano che i muri erano sporchi e orribili e che i disegni di Sqon hanno migliorato gli edifici: “Non me l’aspettavo” dichiara Sqon “I testimoni hanno detto che si trattava di arte, non di vandalismo. A processo, una signora ha raccontato che prima del gatto l’intonaco del muro era cadente e rovinato e quando si è svegliata ha commentato con il vigile che qualcuno deve averle fatto un regalo di natale perché il graffito era molto bello”. Dopo tre anni dall’inizio del processo Andrea viene assolto perché “il fatto non sussiste”. Il suo legale Remo Anzovino, avvocato e musicista, dimostra che, visto che i gatti sono molto imitati, nessuna perizia riconduceva con certezza al ragazzo. “Dato che in zona tutti conoscono i miei mici sono stato preso come capro espiatorio, una specie di deterrente esemplare per tutti i writers – continua Sqon-. Ora sono felicissimo sia per la sentenza che per la fine del processo. Le dichiarazioni dei veneziani significano che le persone, negli ultimi anni, sono diventate più sensibili e ricettive per queste forme d’arte, a differenza della caccia alle streghe delle autorità, con un non trascurabile dispiego di mezzi e soldi”.

La denuncia ha portato Sqon a scegliere percorsi e supporti nuovi: “Tiro un cellophane tra due alberi e ci disegno sopra. Mi piace perlustrare i boschi della mia zona, poi faccio una foro e tolgo tutto, non mi va di sporcare la natura e con internet i lavori si possono diffondere anche se non sono più presenti nei luoghi. A differenza di quando ho cominciato, nel ’99, adesso la rete ti dà visibilità senza avere bisogno di trovare un posto fisico”. Nessun rimpianto per la vita da writer? “Preferisco andare in Slovenia, o in Spagna, lì i graffiti sono autorizzati, ti commissionano i disegni e nessuno ti denuncia. Quando ho scelto il micio come logo l’ho fatto proprio perché mi sentivo notturno come i gatti, fare graffiti è un’attività crepuscolare e mi manca un po’. Ma chissà che un giorno qualcuno si svegli e non trovi un regalo di natale sul muro orribile fuori casa”.

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