La ricerca scientifica italiana non gode di buona stampa in Italia; peccato perché nelle valutazioni internazionali l’Italia risulta ai primissimi posti nel mondo. Parlar male dei servizi pubblici soddisfa molti italiani che, si sa, hanno una passione per l’autodenigrazione e amano pensare che tutto nel nostro paese va male, salvo poi stupirsi quando si va in ospedale e si viene curati bene, si mandano i figli alla scuola pubblica dove vengono istruiti, ecc. Connessa all’autodenigrazione, è la fede negli eroi: c’è un Uno che potrà raddrizzare le cose, far lavorare chi non lavora e far funzionare ciò che non funziona.

Nel caso dell’Università e della Ricerca l’improbabile Uno era il ministro Gelmini con la sua sciagurata riforma e col supporto fondamentale di un drappello di Achilli, l’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca (Anvur) istituita nel 2006 sotto il governo Prodi, ma rimasta sostanzialmente priva di mandati e disposizioni fino al Dpr 76/2010.

Le vere finalità della riforma Gelmini e della valutazione della ricerca sono trasparenti: l’ultimo governo Berlusconi aveva infatti approvato un programma di pesantissimi tagli, riducendo il Fondo di Finanziamento Ordinario degli atenei italiani di molte centinaia di milioni di euro con l’art.66 della legge 133/2008. La riforma Gelmini e le valutazioni dell’Anvur erano approvate in un momento in cui era necessario mascherare la distruzione economica del sistema, che dopo tutto è un servizio pubblico, dedicato ai cittadini: nel generale bailamme di cifre della Valutazione della Qualità della Ricerca (Vqr), con università “brave” che ottengono di più e “somare” che ottengono di meno, la consapevolezza della stangata media si affievolisce. Inoltre la “meritocrazia” del Ministero scarica la colpa del mancato finanziamento sull’ateneo anziché sul Governo: il problema non è più il taglio dei finanziamenti, ma la scarsa bravura dei docenti.

Restava da capire perché i membri dell’Anvur, selezionati con procedure scarsamente trasparenti dal Ministro Gelmini tra gli scienziati, i soli professionisti credibili nel ruolo di valutatori, si prestassero al gioco del Governo, ai danni delle istituzioni di cui fanno parte: essi infatti non potevano ignorare (come il Ministro) la buona posizione della ricerca italiana nel panorama internazionale, né l’effetto disastroso dei tagli deliberati dal governo Berlusconi.

Oggi si apprende dalla stampa nazionale di un fatto, lo scandalo Finpiemonte, che alimenta i dubbi sulle scelte del Ministro Gelmini. La Corte dei Conti ha stabilito che il Prof. Sergio Benedetto (membro del Consiglio Direttivo dell’Anvur e Presidente della Vqr) insieme ad altre persone dovrà risarcire la Regione Piemonte parte dell’importo di consulenze rese in merito a finanziamenti regionali erogati a progetti non meritevoli (anche i finanziamenti illecitamente percepiti dovranno essere restituiti).

L’inchiesta della Procura di Torino era già attiva nel 2011, anno della nomina del Direttivo Anvur, e i fatti andavano avanti fin dal 2003. Sempre secondo i giornali la vicenda potrebbe avere risvolti penali, per i quali si attende a breve una sentenza; auguriamo al Prof. Benedetto di poter provare la sua innocenza almeno in questa sede. Anche il Parlamento si è interessato al caso e la Senatrice Michela Montevecchi (portavoce M5S) ha emesso un comunicato stampa dal titolo: “Nello scandalo soldi pubblici Finpiemonte coinvolto anche membro Anvur: è giusto che sia ancora lì?”.

Ce lo chiediamo anche noi: l’Università italiana non ha bisogno di essere raddrizzata da eroi che poi non sono tali, basterebbe lasciarla funzionare senza strangolarla con dissennati tagli di finanziamento e oppressive valutazioni di una attività di ricerca che il Governo ha smesso di finanziare.

 

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