Dopo due/tre anni in cui il prezzo del petrolio oscillava in un range compreso tra 80 e 120 dollari al barile (in euro si pagava meno perché lo stesso ha continuato a rafforzarsi sul dollaro), recentemente sembra aver iniziato una fase di discesa. Il capire se questa è strutturale o meno è cosa di non poco conto. Più o meno tutti ci ricordiamo però quando il prezzo del petrolio ha toccato il suo minino il 10 dicembre 1998 a 9.55 dollari al barile.

Dal 1995 l’economia mondiale ha subìto diverse fasi di crescita e di flessione, la cui variabilità non è però stata molto elevata. Diverso il caso del prezzo del petrolio, dove (grafico che segue), la variabilità del prezzo è stata decisamente maggiore rispetto a quella del Gdp (Gross Domestic Product). Per certi versi sembra seguirne gli andamenti, amplificandone però le variazioni.

Fonte: IMF

La crisi economica, iniziata nella seconda metà del 2008, ha determinato un forte rallentamento dell’economia mondiale (vedi la variazione tra il 2007 e il 2009) e una fase recessiva delle economie occidentali (la peggiore dal 1929). Dal 2009 al 2011 il Gdp mondiale è tornato a crescere grazie soprattutto alla variazione positiva di Cina, Usa e India. Ma nel 2011 e seguenti il Gdp mostra nuovamente una fase di decrescita, dovuta sia al rallentamento delle economie di cui sopra, sia alla mancata ripresa di quelle europee.

L’andamento della domanda di energia, la cui correlazione con la crescita economica dipende dalla fase di maturità economica di un paese, mostra sensibili differenze tra le aree geopolitiche.

Considerato l’andamento del Gdp mondiale, che sostanzialmente è sui livelli del 1997/1998, e del 2001/2002, il prezzo del petrolio dovrebbe aggirarsi nell’intorno di 55-65 di indice, vale a dire 45-60 dollari al barile e non oltre gli 80 attuali. Quali sono i motivi di questa sopravvalutazione? Crediamo siano ovviamente molteplici e tra questi sembrerebbe anche una sorta di “accordo” non scritto tra i principali paesi produttori e quelli consumatori per mantenere il prezzo intorno ai valori attuali.

Ad un prezzo sufficientemente elevato, infatti, i produttori non vedrebbero ridursi i loro profitti e investirebbero cospicue risorse nel sostenere le economie dei paesi consumatori. Questi ultimi vedrebbero un buon flusso di investimenti che sosterebbe le loro economie, unito ad un flusso di utili/dividendi in crescita che parte dalle società energetiche verso Stati e privati (maggiori azionisti). Ma siccome i paesi produttori puntano sulla tecnologia dei paesi consumatori, il punto è: fino a quando i paesi consumatori sono disposti a “cedere tecnologia” e dove può portare nel lungo periodo questa strategia.

La paura non è quindi che il prezzo del petrolio possa arrivare a 150 o 200 dollari al barile, ma che possa scendere a 10 o 20 dollari al barile. Che succederebbe alle economie occidentali e allo standard di vita dei suoi cittadini? Vediamo prima il futuro prossimo. I paesi emergenti e quelli in via di sviluppo potrebbero vedere, pur nel rallentamento economico generale, una continuazione della crescita del loro Gdp (Cina, Usa e India stanno crescendo) e quindi della domanda di energia.

Ma attenzione, perché il petrolio sarà sempre meno fonte energetica, soprattutto in Cina e India. Infatti, già nel periodo 2005-2010 è il carbone che si è confermato come la risorsa prevalente e in maggiore crescita, largamente impiegato tra l’altro nella generazione elettrica. L’incremento della domanda di carbone in Cina per esempio ha rappresentato circa l’80% della crescita nel periodo 1995-2010 e quasi il 40% dell’incremento della domanda mondiale di energia nello stesso periodo.

Sono i paesi Ocse dove si registra invece un ruolo ancora prevalente del petrolio, ormai destinato per la quasi totalità ai trasporti, mentre la fonte in maggior crescita nel periodo 1995-2008 risulta essere il gas naturale (il cui prezzo è ancorato a quello del petrolio) sempre più utilizzato anch’esso in elettrogenerazione.

E veniamo al futuro più lontano. Larga parte dei paesi produttori e consumatori di petrolio ha in atto numerosi progetti per produrre energia da fonti non fossili. Per esempio il nucleare in Cina, che già possiede 4 centrali nucleari (12 reattori) per 10 GW annui ed ha in progetto la costruzione di altre 300 centrali entro il 2050 con un investimento di oltre 150 miliardi di dollari. Il che significa che la Cina disporrà di una potenza nucleare di circa 400 GW (1/3 della capacità atomica mondiale). Da non dimenticare che negli ultimi anni la Cina ha anche installato oltre 30 GW di centrali idroelettriche (Tre Gole è la centrale idroelettrica più grande al mondo). Per esempio, il solare nelle sue diverse sfaccettature negli Emirati Arabi.

Come sarà il futuro dell’energia. Il mercato dell’energia è un sistema complesso, frutto dell’interazione di singoli mercati, all’interno dei quali è necessario tenere conto di molteplici variabili: ambientali, economiche, tecnologiche, demografiche, politiche. Tale complessità porta ovviamente alla difficoltà di disegnare gli scenari futuri. Tra l’incertezza generale, una cosa appare certa: la Cina si appresta a diventare il paese produttore di energia da fonti alternative maggiore al mondo e il petrolio diventerà sempre meno fonte di energia per il mondo. E con questo prima o poi dovremmo fare i conti. Banali affermazioni. Forse sì, ma spesso ci dimentichiamo che cosa questo voglia dire nello scenario economico mondiale e come possa cambiare le nostre vite e quelle dei nostri figli.

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