Le decisioni della Banca centrale europea iniziano a fare sentire i primi effetti – negativi – sui risparmiatori. Per ora quelli residenti negli Stati Uniti. La Bank of New York Mellon, scrivono infatti Wall Street Journal e New York Times, dall’1 ottobre ha iniziato a chiedere ai grandi clienti che hanno sul conto corrente depositi in euro di pagare un interesse invece che riceverlo. Il vicepresidente dell’istituto, Brian Shea, ha spiegato senza giri di parole che la banca non sta facendo altro che “trasferire” su di loro la commissione di 20 punti base dovuta alla Bce. Il fatto è che il 4 settembre l’istituzione guidata da Mario Draghi ha limato ancora i tassi di interesse. Quelli sui depositi che le banche commerciali tengono presso l’Eurotower, che erano già stati portati sottozero in giugno, sono stati tagliati fino a -0,2 per cento (20 punti base, appunto). Tradotto: gli istituti che tengono soldi immobilizzati presso la Bce non ci guadagnano nulla ma anzi devono sostenere un costo. L’obiettivo della decisione era quello di stimolare la concessione di credito all’economia reale, insomma indurre le banche a concedere più mutui e prestiti. Ma, stando alle notizie che arrivano dagli Usa, il rischio è che gli interessi negativi si trasformino in un boomerang. Con le banche che continuano imperterrite a parcheggiare fondi a Francoforte e, semplicemente, fanno pagare il conto alla clientela. 

L’interesse negativo scatta, per ora, solo su somme importanti. Di conseguenza in questa fase a essere colpiti sono soprattutto gli investitori istituzionali, a partire da fondi di investimento e fondi pensione. Che comunque da quando è stato imposto il balzello hanno già “ridotto un po’ i loro depositi in euro”, ha fatto sapere Shea. Bny Mellon, stando alle stime, attualmente ha circa un 15% di depositi denominati in moneta unica europea. Secondo i quotidiani statunitensi,  anche Goldman Sachs ha iniziato a imporre commissioni analoghe e Credit Suisse ha anticipato ai clienti che intende fare lo stesso. L’ultima ad aggiungersi alla lista è stata Jp Morgan Chase, mentre Hsbc vorrebbe muoversi in questa direzione ma solo per i depositi oltre i 10 milioni di euro. Questa tendenza, sottolinea il Wsj, potrebbe comportare costi aggiuntivi molto rilevanti per le grandi aziende che operano anche nella Ue.

In Europa le banche hanno già ritoccato al ribasso gli interessi riconosciuti su conti correnti e conti deposito, ma per ora non ci sono segnali che gli istituti intendano portarli in territorio negativo. In giugno un articolo de lavoce.info ricordava come in Danimarca, dove nel 2012 la Banca centrale ha abbassato sottozero i tassi, alcune banche abbiano traslato il costo sulla clientela. E spiegava che lo stesso avrebbe potuto verificarsi nell’Eurozona (di cui Copenaghen non fa parte). In teoria sarebbe possibile, ma ovviamente una mossa unilaterale di questo tipo da parte di qualche istituto si tradurrebbe in una rapida “migrazione” verso gli sportelli di chi continua a riconoscere un interesse, per quanto risicato. Sullo sfondo resta il solito interrogativo: le misure volute da Draghi centreranno il bersaglio o, in ultima analisi, i costi si riveleranno superiori ai benefici? 

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