Con gli avvenimenti di questi giorni, in particolare il crollo delle Borse e il nuovo aumento dello spread, vengono a tutti evidenziate le irrimediabili pecche della concezione dell’economia e della società fatta propria dalle élites europee e impersonata dalla signora Merkel. Dietro questi avvenimenti, che preoccupano gli operatori economici, c’è il disastro sociale cui stanno dando luogo decenni di politiche neoliberiste basate esclusivamente sulla tutela degli interessi della finanza e delle classi dominanti, in particolare quelle del Paese dominante, e cioè la Germania. Basti pensare che al momento, in tutta Europa vi sono, secondo i dati forniti da Giuseppe De Marzo, coordinatore della campagna Miseria Ladra, ben 126 milioni di poveri, 43 milioni di affamati e 27 milioni di disoccupati. Una situazione insostenibile, specie per un continente dove si concentra tuttora un patrimonio industriale e di conoscenze fra i principali del pianeta.

Ugualmente fallimentare appare il bilancio dell’Europa dal punto di vista del suo rapporto con il resto del mondo. Qui si sconta la divisione fra i vari Stati, uniti solo nella permanente subalternità alle scelte della superpotenza statunitense, che dovrebbero subire un nuovo sigillo con la firma del Trattato transatlantico per la protezione degli investimenti, destinato ad attribuire nuovi poteri alle imprese multinazionali, a scapito di qualsiasi istanza di controllo sociale e giudiziario sulle loro attività a volte pregiudizievoli per la sicurezza, la salute e l’ambiente, nonché improntate al principio dello sfruttamento selvaggio della forza lavoro, che si vorrebbe sempre più precarizzata e priva di diritti (Renzi docet!). Occorrerebbe invece, sul piano della politica estera, porre fine al contenzioso con la Russia, incoraggiando la nascita di un’Ucraina non-allineata, federale e sovrana, e sostenere i popoli in lotta con il fondamentalismo islamico, a partire da situazioni come lo Stato multietnico ed autogestito della Rojavà, operando pesanti pressioni sulla Turchia, affinché consenta il passaggio degli aiuti ai partigiani di Kobané e democratizzi il suo regime.

Un altro punto essenziale è costituito dalla questione dell’immigrazione e del flusso dei richiedenti asilo. Finché in Africa e in Medio Oriente ci saranno guerre, carestie ed epidemie tale flusso continuerà ad esserci e non basteranno muri e flotte a contenerlo. Occorre quindi risolvere i conflitti e rilanciare la cooperazione con i Paesi di provenienza per dare alternative di vita ai migranti. Al tempo stesso bisogna organizzarsi per accogliere coloro che fuggono perché non possono farne a meno, evitando le stragi in mare che hanno causato negli ultimi quattordici anni più di ventitremila vittime e costituiscono una vera e propria vergogna per tutto il continente europeo.

Per questi ed altri motivi la presenza su scala europea è vitale anche per le sue conseguenze sul piano nazionale. Il Movimento Cinquestelle che ha raccolto negli ultimi appuntamenti elettorali il consenso di buona parte degli italiani nauseati dagli altri partiti, deve attrezzarsi per condurre anche a tale livello importanti battaglie. Registriamo da tale punto di vista il fallimento dell’alleanza con l’Ukip di Nigel Farage ed altre forze contrassegnate da forti ambiguità programmatiche su terreni essenziali. Non si tratta solo della defezione di una deputata lettone, ma dell’evidente assenza di una consonanza di propositi tra l’eterogeneo gruppo di forze, alcune delle quali apertamente razziste, altre neoliberiste in modo estremo, che componevano il gruppo nel quale, tra il forte dissenso di parte della base e dello stesso gruppo parlamentare europeo, il gruppo dirigente del Movimento aveva deciso di confluire.

Oggi la questione si riapre. Come ebbi modo di dire qualche mese fa, ricevendo per tale motivo l’ambito onore di essere nominato blogger del giorno, il Movimento Cinque Stelle, pur non essendo una forza di sinistra nel senso classico del termine, deve oggi scegliere di collocarsi nell’ambito delle forze che vogliono un’alternativa a questa Europa fallimentare e cioè il Gue, che conta tra le sue file forze come Syriza, che si appresta a diventare l’ossatura del governo greco. A tale fine potrebbe essere sufficiente in prima battuta un accordo di tipo tecnico, salvo confrontarsi per un’azione politicamente omogenea su di una serie di temi, dal reddito garantito, al rispetto dei diritti dei lavoratori (su cui Grillo ha preso posizione in modo significativo), dal no alle grandi opere all’avvio di una consultazione di massa sull’euro e sul necessario no al fiscal compact e alle altre camicie di forza che la finanza imperante, con il sostanziale assenso di governi subalterni come quello di Renzi, vorrebbe continuare disastrosamente ad imporre all’economia e alla società europea.

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