C’è il borgo isolato sulle colline di Molassana, alta Valbisagno, salvato dall’intervento degli scout che liberano una mulattiera e ricollegano con la città le 48 famiglie che vivono a Carpi, rimasta isolata dal crollo della strada carrozzabile, divorata dal torrente Gaxi. Ci sono i residenti della Valbrevenna, un imbuto ricoperto di faggi e castagni che si arrampica verso il monte Antola, su fino ai 918 metri dell’abitato di Tonno. Una decina di paesini tagliati fuori dal mondo. Sfuggiti allo stress della città, che hanno ripopolato le case abbandonate da cinquant’anni si aiutano da soli, scapicollandosi fra mulattiere e sentieri ritagliati nei boschi. Vanno e vengono, di casa in casa, a rifornirsi a vicenda di latte, formaggio e altri generi di conforto. Fin lassù non si arrampica nessuno, a rischio di catapultarsi in qualche forra.

Ci sono gli abitanti di via Bobbio, a Staglieno, stanchi di accumulare in strada detriti e rottami, lavatrici e frigoriferi stuccati dal fango, che improvvisano un blocco stradale per richiamare l’attenzione dell’Amiu, che si decida a inviare dei mezzi a prelevare tutta quella porcheria maleolente. E ci sono loro, gli angeli del fango, che non hanno atteso un minuto e sono sciamati nelle strade trasformate in torrenti melmosi fin dall’alba di venerdì. Armati di pale (quando sono riusciti a procurarsele, nessuna autorità ha provveduto a distribuirle subito), spazzoloni, gambali e tanta buona volontà. Sono scesi negli scantinati, nei negozi allagati, nei magazzini devastati dall’acqua e senza chiedere nulla a nessuno, animati dall’impalpabile vento della solidarietà che si alza – specie tra i giovani – di fronte alle sventure collettive, hanno sgobbato da mattina a sera. Dimenticandosi di mangiare e con l’unico conforto di una bottiglietta d’acqua, quando qualche anima buona si ricordava di regalarla. 

Nelle ore concitate dell’emergenza massima chi pensava a quell’esercito di teenagers al lavoro nella bratta, come si chiama il fango a Genova? Non il Comune scosso dalla “sorpresa” dell’alluvione, tanto meno la Protezione Civile, diretta (ad interim) da una dirigente che ai cronisti indignati ha spiegato che lei non era pagata per fermare l’acqua con le mani. E costei è ancora al proprio posto. Come tutti i previsori del nulla che non avevano indovinato quello che la gente comune già sapeva, se non altro per esperienza diretta e personale.

Poi è arrivato il dopo. Ecco una storia paradigmatica. Roberto Parodi, residente in via Tommaso Invrea, accanto alla stazione Brignole. “Il venerdì mattina nessuno aveva chiuso la strada, secondo l’Amt dovevano passare i bus. Una follia. Ci siamo imposti e adesso noi residenti gestiamo il traffico, con l’autorizzazione della polizia municipale decidiamo chi passa e chi no. La situazione è ancora molto critica, fortunatamente siamo stati aiutati da un geometra dell’Aster, comparso sabato mattina. Fino ad allora non s’era visto nessuno. Ha fatto una telefonata e siamo stati sommersi dai mezzi meccanici”.

A Genova il mugugno è libero e garantito da secoli. Persino a pagamento. I rematori liberi (non gli schiavi, che non avevano diritti di sorta) imbarcati sulle galee della gloriosa Repubblica Marinara, rinunciavano ad una piccola porzione della paga per riservarsi il diritto di mugugnare. Ecco, la gente di Genova ha protestato, si è arrabbiata, si è indignata di fronte all’inescusabile leggerezza dei pubblici poteri, incapaci di anticipare ciò che loro stessi, in definitiva, avevano propiziato. Con le negligenze, gli errori di valutazione, gli appalti sballati o dimenticati nei cassetti, le cementificazioni selvagge consentite perché tanto qualche santo provvederà.

Non hanno atteso ordini che difatti non sono mai arrivati, i volontari vecchi e giovani. Armati di pale e di una santa volontà di riscossa si sono, come si usa dire, autogestiti. E col passaparola, digitale sui social network e le antiche catene di sant’Antonio telefoniche, hanno compiuto il miracolo. A cinque giorni dalla tragedia, Genova sta tirando su la testa. La Protezione Civile, con la Croce Rossa, da domenica scorsa ha allestito due punti di ristoro, in piazza della Vittoria, di fronte alla Questura e in via Canevari, nel cuore di Borgo Incrociati, straziato dalle acque del Bisagno. Cibo caldo e generi di conforto per i volontari. Sfamati inizialmente soprattutto dai privati: panifici, negozi di alimentari, bar, tutti generosi dispensatori di panini, focaccia, bibite, acqua minerale. Un furgone e un presidio fisso in viale Brigata Liguria provvedono a distribuire cibarie e bibite agli angeli del fango e a chiunque lavori in strada. La Lavanderia Fast and Clean ripulisce gratis gli abiti sporchi di fango. Il ristorante Albero della Vita ha messo a disposizione 250 bottiglie di acqua minerale. La polleria Parodi di via della Libertà distribuisce gratuitamente polli arrosto, patatine, acqua ai ragazzi impegnati a ripulire le strade. Il Clan col Bar Donelli regalano tranci di pizza e bibite. 

Il florilegio della generosità popolare propone episodi da libro Cuore. Racconta, per esempio, di un bimbetto che distribuisce ai ragazzi panini imbottiti preparati con le sue mani, offerti con una delicata spiegazione: “La mamma mi ha detto che anche gli angeli devono mangiare”. Nove psicologi liguri hanno attivato un servizio di ascolto riservato ai cittadini in difficoltà a causa dell’alluvione. Un centinaio di volontari della Protezione Civile sono affluiti in città da Sardegna, Toscana, Piemonte, Lombardia. Sono giovani specializzati in operazioni in condizioni di emergenza, che già hanno avuto esperienze dopo altre catastrofi naturali. Distribuiscono centinaia di pasti ogni giorno, consigliano chi domanda aiuti. Quaranta posti letto sono stati allestiti alla Fiera del Mare per i senzatetto.

Lentamente, in ritardo, anche la macchina pubblica si è messa in moto e ha affiancato i volontari. Purtroppo manca ancora il materiale. Pale, secchi, cuffe (ceste), persino guanti e stivali in gomma. Sui giornali compare un appello. Chi desidera fornirli, può rivolgersi alla segreteria dell’assessorato ai Lavori Pubblici del Comune: c’è un indirizzo email (municipio4presidente@comune.genova.it) e un hashtag di twitter, #aiutopergliangelidelfango. Non dovrebbe accadere il contrario? Dovrebbe essere l’ente pubblico che distribuisce il materiale ai privati. A Genova in questi casi si dice che l’oratorio fa l’elemosina alla chiesa. Rende l’idea.

Messa di fronte a una tragedia come l’alluvione che ha sconvolto Genova, l’Italia si riconferma quindi un Paese di geniali improvvisatori, capaci di rimediare con spirito d’iniziativa e una buona dose di fantasia alle carenze del sistema pubblico, impreparato ad affrontare le emergenze, persino quelle prevedibili, ma purtroppo non previste. L’assessore ai lavori pubblici con delega alla Protezione Civile, Gianni Crivello, ammette le difficoltà: “Paradossalmente il gran numero di volontari ci ha creato dei problemi. A tutto lunedì si erano registrati in 5700 e non è stato facile coordinarli. Abbiamo cercato di farlo attraverso i municipi che sono stati il perno sul quale abbiamo organizzato gli interventi. L’emergenza dei primissimi giorni non ci ha consentito di distribuire le forze dei volontari come avremmo voluto”. Crivello sta dirigendo le operazioni da un letto di ospedale, spezzato in due da una colica renale e da problemi alla colonna vertebrale. L’Aster per conto del Comune ha schierato dai 320 ai 230 uomini ogni giorno nelle strade alluvionate. In forze anche i vigili del fuoco, sempre in prima linea nelle catastrofi. Il ministro della Difesa, la genovese Roberta Pinotti, a caldo aveva commentato: “Oggi servono più i mezzi che persone”. Il suo portavoce ieri riassumeva così la presenza dei militari in Liguria: “Sono in tutto 630, dei quali 200 schierati a Genova fin da sabato, su disposizione del ministro. Ora sono le prefetture a dover richiedere eventualmente ulteriori invii”. I militari si sono distribuiti anche nell’entroterra. A Rossiglione hanno liberato un ospizio dal fango. 

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