Deserti con dune dai colori accesi alte fino a 300 metri, mosaici di aree coltivate dalle forme geometriche, lunghi corsi d’acqua che si snodano come serpenti tra foreste pluviali, frastagliati ghiacciai con iceberg grandi fino a 30 km, atolli blu cobalto. La Terra vista dallo spazio attraverso gli occhi dei satelliti sembra una collezione di straordinari dipinti. Un caleidoscopio di 150 scatti, presentati al Palazzo delle Esposizioni di Roma fino al 2 novembre all’interno della mostra “Il mio Pianeta dallo spazio, fragilità e bellezza”, realizzata in occasione del 50esimo anniversario dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. “L’obiettivo dell’iniziativa – afferma Simonetta Cheli, del Direttorato dell’Esa per l’osservazione della Terra – è comunicare il ruolo dello spazio come strumento fondamentale per osservare il nostro Pianeta. E far conoscere la Terra, soprattutto ai giovani, in tutto il suo splendore e, allo stesso tempo, vulnerabilità”. 

Le immagini della mostra, infatti, accanto al fascino che trasmettono forme e colori, raccontano anche altro. Mostrano l’impronta sempre più marcata dell’uomo e dei mutamenti climatici sulla Natura. I numeri, alcuni dei quali presentati in una successione di globi terrestri proprio all’ingresso dell’esposizione, parlano chiaro. Circa il 40% l’incremento di anidride carbonica nell’atmosfera dall’inizio della Rivoluzione industriale, 3 mm l’anno l’aumento medio del livello globale dei mari a causa dello scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai, 0,5°C il riscaldamento della superficie dell’Oceano Pacifico, fenomeno noto come El Niño che si verifica a intervalli irregolari di 2-7 anni, 5 milioni e 700mila campi di calcio la superficie globale annua interessata da deforestazione.

“Attraverso i satelliti – spiega Cheli – si possono studiare 50 variabili climatiche differenti. È ad esempio possibile, come nel caso del satellite italiano Sentinel 1, raccogliere dati sugli spostamenti millimetrici del terreno o le inondazioni. Studiare lo stato di salute delle foreste, regno della biodiversità e serbatoio per sequestrare l’anidride carbonica dall’atmosfera. O, ancora – aggiunge l’esperta -, osservare la distribuzione degli inquinanti in atmosfera, di cui rappresentano l’1%, per esempio nelle megalopoli, città che superano i 10 milioni di abitanti. Grazie ai dati satellitari – precisa Cheli -, alcune città, come Londra, hanno ad esempio attivato un servizio che, tramite smartphone, è in grado di avvisare la popolazione quando la concentrazione delle polveri sottili supera una soglia limite”.

Il volo spaziale sulla Terra si snoda attraverso sei sezioni. Si comincia dai ghiacci, che contengono circa i due terzi dell’acqua dolce del Pianeta, con alcune immagini satellitari mozzafiato di Islanda e Groenlandia che ne evidenziano lo scioglimento dei ghiacciai. Si prosegue con l’acqua di oceani, fiumi e laghi, che rappresentano quasi tre quarti della superficie terrestre, di cui solo meno dell’1% è però disponibile per gli esseri umani. Si passa, quindi, all’atmosfera, tra ghirigori e spirali disegnate dalle nubi, come il grande occhio dell’uragano Katrina, dal diametro di 1200 km, e poi alla sezione foreste e agricoltura, con significative immagini di alcune aree colpite da deforestazione, come l’Amazzonia. Per arrivare, infine, alle sezioni dedicate ai deserti, che coprono un terzo della superficie delle terre emerse, come quello di Rub al-Khali, antica via dell’incenso nell’attuale Arabia Saudita, e alle megalopoli, come Tokyo, la più popolosa del mondo con più di 37 milioni di abitanti.

Chiudono il percorso della mostra le spettacolari foto della Terra dell’astronauta Luca Parmitano, molte delle quali ritraggono l’Italia con in primo piano la Sicilia, scattate all’interno della cupola della Stazione spaziale internazionale (Iss), nel corso dei suoi sei mesi di permanenza nello spazio per la missione “Volare”. 

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