E’ scontro aperto tra Italia e Svizzera. Oggetto del contendere, l’accordo fiscale cercato da anni senza successo e indispensabile perché Berna possa essere depennata dalla black list dei paradisi fiscaliStavolta il negoziato è uscito dai paletti della diplomazia per sfociare in fuoco di fila di accuse incrociate tra il ministro delle Finanze elvetico Eveline Widmer-Schlumpf e l’omologo italiano Pier Carlo Padoan. La prima, a margine dei meeting del Fondo monetario internazionale a Washington, ha rivelato alla radio svizzera Rsi di aver posto un ultimatum: “Ho detto a Padoan che la mia pazienza ha un limite e gli ho ricordato il numero dei ministri delle Finanze con cui ho ricominciato ogni volta daccapo, rispondendo alle stesse domande”. E ancora, in crescendo: “Gli ho detto che questa è l’ultima volta che rifaccio questa cosa, gli ho spiegato la mia agenda ed entro quando voglio una risposta chiara”, indicando come termine ultimo la primavera dell’anno prossimo. Entro allora occorre trovare delle “soluzioni su alcuni dei punti aperti con l’Italia”, tra cui la regolarizzazione dei capitali italiani sconosciuti al fisco e depositati oltreconfine. “Sono questioni che ci occupano da anni, riguardano la Svizzera ma anche il Ticino”, ha poi rimarcato Widmer-Schlumpf, alludendo ai rapporti sempre più tesi tra l’Italia e il cantone confinante, che ha più volte minacciato di bloccare i ristorni, cioè la parte di imposte alla fonte dei lavoratori frontalieri girata ogni anno ai Comuni italiani, e ora punta a aumentare la tassazione sui loro stipendi.

In serata, dopo che le dure dichiarazioni del ministro sono state riprese dall’agenzia Reuters, il titolare di via XX Settembre ha risposto via comunicato ostentando “stupore” davanti a frasi che “non riflettono il contenuto del brevissimo scambio di battute avuto a margine degli incontri del Fondo”. Quanto al merito, “se è vero che in Italia si sono succeduti diversi ministri in pochi anni, la linea del governo italiano è invece rimasta coerente nel tempo”, rivendica Padoan. Che passa poi al contrattacco, accusando la controparte di incostanza e indecisione: “In questi mesi ho registrato da parte della delegazione svizzera atteggiamenti ondivaghi, e a ogni passo avanti si è accompagnato qualche passo indietro. Quelli che prendono in giro la controparte non siamo noi”. 

La nota del Mef ricorda poi che “Italia e Svizzera hanno avviato nel 2012 un negoziato su diversi aspetti dei rapporti finanziari e tributari in essere tra i due paesi, che riguarda prevalentemente la tassazione dei risparmi detenuti da cittadini italiani presso le istituzioni finanziarie svizzere e la richiesta svizzera di revisione dell’accordo già in vigore sulla tassazione dei lavoratori transfrontalieri”. Giova ricordare che già all’epoca (al governo c’era Mario Monti) l’accordo Roma-Berna era considerato dietro l’angolo. E nel febbraio 2013 Silvio Berlusconi lo evocava come a portata di mano. Nel giugno 2013 era l’allora premier Enrico Letta ad affermare che il momento era propizio. Cambiato ancora il governo, nel marzo di quest’anno la firma sembrava questione di mesi. Ma nel frattempo nulla di fatto. Perché a Roma il tira e molla sulla legge sul rientro dei capitali, che si prepara ora ad approdare in aula alla Camera, è andato a dir poco per le lunghe. E nessun governo ha voluto dare il via libera allo scambio di informazioni fiscali con la Svizzera in assenza di uno strumento che incentivasse il contribuente italiano infedele a “collaborare” pagando al Fisco quanto evaso. Un accumularsi di ritardi che ha evidentemente portato a esaurimento la pazienza dei rossocrociati.

Poco importa per via XX Settembre. “Esprimo da parte italiana la forte insoddisfazione per la mancata volontà da parte svizzera di finalizzare i dettagli di un’intesa complessiva sulle varie questioni sul tappeto i cui termini generali sono già stati da tempo concordati”, rincara Padoan. “Ho esortato la mia interlocutrice a mettere nero su bianco la posizione svizzera sulle questioni ancora aperte. Speriamo così finalmente di poter giungere a una finalizzazione di questo negoziato”. E il comunicato si conclude ricordando che “nel breve scambio avvenuto a Washington, il ministro Padoan ha anche ricordato alla controparte che un’esasperazione delle posizioni negoziali, come ad esempio la minaccia di una denuncia dell’accordo in vigore sui transfrontalieri, rischiano di rendere più difficile il conseguimento di soluzioni accettabili per entrambe le parti”. Il blocco dei ristorni minacciato come ritorsione era stato evitato in extremis alla fine di giugno, alla luce di rassicurazioni ricevute dal governo italiano sui progressi della trattativa per la riemersione dei capitali.

Per Berna è inaccettabile la permanenza nelle liste nere del fisco italiano nonostante i passi avanti compiuti sulla trasparenza fiscale, che in base a recenti decisioni del Consiglio federale dovrebbe portare alla condivisione automatica dei dati bancari con i Paesi Ue a partire dal 2018. Tanto più che al passaggio nella white list è condizionata anche la possibilità, per gli istituti di credito dei Cantoni, di entrare in forze nel mercato italiano come banche commerciali e non solo gestori di patrimoni. 

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