Alluvione a Genova. Ci risiamo, e sembra o meglio è, purtroppo, un film già visto, a partire dalle polemiche sulla mancata allerta. E’ un fatto ricorrente che a ogni catastrofe si cerca di scaricare la colpa sui meteorologi, vedi in Sardegna, Veneto, Emilia, Catania, Marche per fare alcuni esempi. Non entriamo oggi nel merito della questione; unica considerazione: certo, avrebbe aiutato a limitare i danni, ma non è lì il problema; cosa sarebbe cambiato? Senza ben altri interventi, i torrenti e i fiumi avrebbero fatto comunque quel che fanno da sempre: esondare ed allagare le zone circostanti.

Poi, un classico di queste circostanze è il “non vi lasceremo soli”, come ha detto Renzi ai genovesi. Lo disse Napolitano agli alluvionati del Veneto, Letta agli alluvionati di Olbia e della Sardegna, Gabrielli agli alluvionati in Emilia, ed infine sempre Renzi agli alluvionati di Senigallia e agli alluvionati della Puglia. Ma ci mancherebbe altro! La solita frase di rito? Non ci sentiamo di giudicare, fate un po’ voi e soprattutto giudichi chi è stato colpito da questi eventi.

Sempre a proposito di frasi di rito, Barack Obama ha dichiarato al recente Summit delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici: “Siamo la prima generazione che subisce gli effetti dei cambiamenti climatici e l’ultima che può fare qualcosa per arginarli”, ma di serie e coerenti azioni di riduzione dei gas serra o di accordi internazionali non se ne vede, nonostante 20 conferenze mondiali sul clima negli ultimi 20 anni e 5 rapporti di valutazione scientifici di migliaia di pagine ciascuno da parte dell’Ipcc.

Eppure, la manina del global warming in queste catastrofi, c’è, chiaro non è l’unica, ma si aggiunge a incuria del territorio, scarsa e tardiva, e spesso cattiva manutenzione, cementificazione selvaggia che sicuramente incide nella stessa Genova, dove interi quartieri furono costruiti, negli anni del boom economico, sopra o a fianco torrenti, peraltro su calcoli resi inattuali, appunto, dai cambiamenti climatici che rendono senz’altro più frequenti questi eventi.

Si parla continuamente di “messa in sicurezza”; certo la burocrazia ritarda lavori che se ben fatti potevano ridurre i danni, ma la burocrazia chi l’ha creata? E chi può porci rimedio? Fa specie sentire un ministro, ma anche un sindaco o presidente della Regione, che si scaglia contro la burocrazia.

Chi amministra dovrebbe avere il coraggio di dire le cose come stanno ai suoi cittadini ed elettori, ovvero che il rischio si può e deve ridurre e mitigare, ma non si annullerà mai del tutto e che chi abita, vive, lavora o viene a trovarsi nei pressi del fiume (a maggior ragione se tombato o circondato da case e strade) dovrà imparare a convivere col rischio di trovarsi coinvolto in alluvioni. Luoghi ritenuti sicuri finora non lo sono già più oggi e ancor meno lo saranno in futuro, anche con regolare licenza edilizia. Insomma, chi promette “mai più alluvioni”, è un po’ come chi prometteva 1 milione di posti di lavoro.

Dunque, per concludere ripassiamo un po’ alcuni nostri post precedenti sul tema, ancora validi oggi, non solo per la situazione modenese ed Emiliana:

Sempre al summit sul clima a New York, Matteo Renzi ha dichiarato “… non c’è tempo da perdere: la politica deve fare la sua parte”, aggiungendo “le giostre italiane sono le più vendute nel mondo perché quelle energeticamente più efficienti”.

Abbiamo come la sensazione che più che di giostrine serva ben altro.   

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