“Il pasticciotto è un pezzo di cuore per i pugliesi”. Lo dice Antonio Ingrosso, proprietario del ristorante milanese I Salentini, e tutti i suoi conterranei sono d’accordo con lui. Pensare che il tipico dessert dalla forma di plum cake è nato per un errore. L’origine del pasticciotto viene fatta risalire al 1745 a Galatina. Nella bottega della famiglia Ascalone durante le festività di San Paolo, guaritore delle tarantate, il proprietario Nicola si arrovellava per inventare una novità che potesse risollevare la situazione economica della bottega. Tra le sue innumerevoli preparazioni si ritrovò un giorno con impasto e crema non sufficienti per cuocere un’altra torta. Decise quindi di utilizzare questi resti ponendoli in un recipiente di rame e facendone un piccolo dolcetto di crema che lui stesso definì “un pasticcio”. Ma come ogni buon cuoco insegna, nulla in cucina viene buttato. Il pasticciere mise ugualmente la preparazione nel forno e non sapendo cosa farsene, lo regalò ancora caldo a un passante. Il risultato fu sorprendente. Il cliente fece i complimenti a Nicola e nacque così il “pasticciotto de Lu Scalone“.

La città di Lecce ha riconosciuto da subito il dolce come tipicità del territorio, tanto che è stato inserito nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Ma Ascalone non è il solo a reclamare i natali del pasticciotto. Anche la pasticceria Ficile di Martano, nel cambio di gestione di qualche anno fa, ha condizionato l’acquisto dell’attività proprio all’appartenenza della ricetta originale del dolce. Già nel 1707, però, nell’inventario della Curia Vescovile di Nardò, redatto per la morte di Monsignor Orazio Fortunato, tra gli oggetti lasciti dal religioso compaiono: “Barchiglie di rame da far pasticciotto numero otto“. Visto questo scritto, sembrerebbe quindi che il dolce avesse già fatto la sua comparsa qualche anno prima della presunta invenzione di Ascalone. Alla mattina, in Salento, questa tortina di frolla è la degna sostituta del cornetto e si gusta in riva al mare, con il profumo di crema pasticciera che insistente arriva al naso. Inoltre oggi si trovano in commercio anche il pasticciotto profumato all’arancia, quello con crema pasticciera e marmellata di amarene, quello con crema al cioccolato e quello nero di pasta frolla al cacao con all’interno crema gianduia, crema al cioccolato o crema pasticcera e pezzetti di cioccolato.

Derivato del pasticciotto invece è il fruttone, ripieno di pasta di mandorla fresca e marmellata (di mele cotogne nella versione classica) e il tutto ricoperto da uno strato di cioccolato fondente. Un “comfort food”, un cibo “del ricordo”, una pausa nella giornata che fa stare bene. Antonio Ingrosso infatti ricorda: “il pasticciotto lo associo a mia madre e alle colazioni straordinarie insieme in spiaggia a Gallipoli”.

Ma lo chef non si è limitato a rivivere questi ricordi, li ha elaborati e arricchiti. Ha voluto superare quindi i limiti che la tradizione impone e ha proposto la variante salata. Un’assoluta novità, mai sperimentata prima. Ingrosso spiega: “Stiamo rivisitando questa chicca pugliese in chiave salata. Siamo all’inizio, ma ci crediamo”. La nuova creazione non ha nulla a che vedere, quindi, con la pasta frolla dolce ricca di burro, o margarina (come vorrebbe la tradizione) e la crema pasticciera. Antonio propone tre varianti di pasticciotto, di cui due con frolla al negramaro ripieni, rispettivamente, di capocollo di Martina Franca, Caciocavallo Podolico del Gargano, pomodori secchi e fichi, e gorgonzola, noci e uva di Negramaro. Il mix di formaggio saporito e uva tipica del Salento vuole unire la tradizione della Puglia a quella della Lombardia. Questo matrimonio è sicuramente più forte nella terza proposta che i salentini metteranno nella loro lista del ristorante: il pasticciotto con riso alla milanese e cuore di stracciatella di Andria, questa volta con frolla all’olio extravergine d’oliva.

Il connubio Salento e Milano è una storia che ci portiamo dietro – commenta Antonio – l’idea è che il capoluogo lombardo sia in qualche modo la seconda patria per i pugliesi”. E continua: “Molti di noi portano Milano nel cuore. La vediamo come la città italiana più vicina all’Europa e noi, si sa, siamo innovativi per indole”. Una tensione costante all’innovazione, ma senza dimenticare la tradizione. Soprattutto in cucina dove, se nei piatti c’è cuore, c’è anche bontà.

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