In certi ambienti, anche se in diminuzione per fortuna, è ancora uso comune pensare alla subacquea ricreativa o tecnica come a una disciplina che mette a dura prova la salute e la stabilità dell’ecosistema marino.

I subacquei sono ancora visti come incivili razziatori di tesori, natura e ambiente marini. Noi operatori siamo ben consapevoli della presenza, come in tutte le categorie umane, di personaggi ignari delle buone maniere, indifferenti al rispetto per l’ambiente, villani e arroganti. Non neghiamo che esistano ancora seppur in minima percentuale persone dal comportamento discutibile, non è questo il punto. Quel che sto cercando di dire è che da diverso tempo la norma del comportamento del subacqueo medio è quella di sentirsi ospite in casa d’altri, guardare e non toccare, divertirsi rispettosamente. Non è un caso che sia cresciuta a dismisura la pratica della fotografia subacquea: adesso tendiamo a portarci in superficie un ricordo dell’immersione tradotto in immagine, invece che una bella ciprea o una pinna nobilis!

È notizia di poche ore fa la pubblicazione da parte di Springer (secondo gruppo editoriale scientifico al mondo) dell’articolo Using a citizen science program to monitor coral reef biodiversity through space and time, che in sostanza riporta il successo del progetto Ste dell’Università di Bologna in termini di coinvolgimento di volontari in un ampio monitoraggio marini e della rilevante collaborazione con il settore non accademico, sia pubblico (come il ministro del Turismo egiziano) che privato (con la sponsorizzazione dell’associazione ambientalista Ulp e dell’agenzia didattica Snsi). Cioè i subacquei coinvolti nel raccogliere informazioni compilando poi schede alla fine di ogni immersione sono stati il braccio armato degli accademici, che si sono trovati letteralmente sommersi –per rimanere in tema- da dati, numeri e statistiche. Qui è disponibile l’intera pubblicazione per chi fosse interessato.

Parallelamente arriva alla terza edizione il progetto della Ulp, organizzazione a tutela e salvaguardia dell’ambiente marino in collaborazione con l’agenzia didattica Snsi Scuba and Nitrox Safety International, “Profondamente Pulito”: una due giorni di recupero rifiuti dai fondali con più di cento subacquei impegnati e i loro amici senza bombole cooptati per la pulizia delle spiagge antistanti i punti di immersione.

Il primo anno è stata ripulita parte dell’Isola d’Elba (minima parte per quanto si sia potuto in due giorni, naturalmente), il secondo la zona di Baratti, e quest’anno tocca a Porto Santo Stefano.

I risultati sono impressionanti perché in poche ore di immersione sono stati tratti in salvo dal mare quintali di rifiuti inquinanti, reti, lenze e sagole che potevano essere pericolose per gli animali ma soprattutto si è sensibilizzato non solo i partecipanti ma anche le loro famiglie e i turisti di passaggio a un comportamento responsabile nel consumo di acqua, saponi e gestione rifiuti. L’affluenza in overbooking dei subacquei parla chiaro, il segnale è arrivato forte e chiaro e la comunità dei sommozzatori sportivi è compatta nel tutelare l’ambiente che vanno a visitare.

Purtroppo succede ancora di vedere qualcuno che getta la cicca esausta in acqua. Ma in linea generale il subacqueo medio si porta dietro un posacenere da tasca, preferisce bicchieri di carta a quelli in plastica, risale dai fondali con qualche lenza o lembo di sacchetto nelle tasche del gav per dare il proprio piccolo contributo alla salute del mare.

Non è vero che siamo predatori di ambienti delicati. Ne siamo piuttosto sentinelle –ma orizzontali!- e rispettosi osservatori, quando non coscienziosi e zelanti spazzini.

Se volete venire a vedere con i vostri occhi, e magari dare una spolveratina in giro, ci trovate il dal 10 al 12 ottobre a Porto Santo Stefano al Centro Immersioni Costa d’Argento. 

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