I  giovani ‘startuppers’ salveranno persino una città allo stremo come Roma dai suoi “amministratori”, dai suoi “cittadini”, dalle sue ‘municipalizzate’? Un menù irresistibile servito fumante in tavola (rotonda) presso l’ambasciata Usa: “The New Entrepreneurial Revolution: How StartUps are Changing Cities in Italy and the U.S” (comunicato stampa).

Mai e poi mai vorremmo essere così maliziosi da pensare che il fenomeno dello start up fosse gonfiato anche per spostare l’attenzione dal problema del lavoro che non si trova… E  siccome noi siamo innovatori ottimisti, ci crediamo, nelle startup: anche se l’Italia è tra i paesi che ne producono di meno o – prima solo della Grecia -, quella che ha più terrore del ‘fallimento’.

Cambiamo registro e torniamo all’ottimismo vero, quello che riempie ad assistere a presentazioni come quella di Clara Brenner, fondatrice e Ceo di Tumml, l’incubatore specializzato sulle start up urbane e classificata da Fortune tra le 30 under 30 (ha 28 anni) più influenti del mondo, un miracolo (in tutti i sensi) della natura. 

Tumml ha supportato la nascita di varie startups collegate ai principali problemi della città: visto il disagio, ci faccio un’impresa (sociale o meno). La Brenner ha presentato Hitch sulla mobilità, Handup sulla povertà urbana, Workhands per l’offerta e ricerca di manopera qualificata, Kidadmit per gestire i processi di pre-scolarizzazione. 

Vorrei però dire che in Italia ci stiamo muovendo abbastanza, ‘nonostante tutti’.

A Napoli Clean up, a Roma ‘Retake’ (Riprendiamoci Roma dal degrado) sono ottimi esempi di startup sociale urbano. Roma in particolare è ‘fitta’ di incubatori dinamici comeRoma Start Up” – l’hub di prospettive mediterranee che riunisce le principali start up romane ed il cui Presidente, l’indaffaratissimo Gianmarco Carnovale, ha la missione di portare ‘in città’  i grandi investitori mondiali “Perché non a Roma, una delle città più conosciute ed amate?”

I lettori conoscono probabilmente alcune startups già consolidate, quali Air B&B sul turismo urbano che fa incazzare gli Alberghi,  Uber sulla mobilità urbana che ha scatenato la rivolta dei taxisti.

Forse non tutti  conoscono piattaforme di Crowdfunding come ‘Prestiamoci’ che permettono l’autofinanziamento ‘comunitario’ bypassando le banche; Landshare per incrociare l’offerta –ricerca di terreni coltivabili; Coursera, Skillshare e Skillbros- che offrono  ottimi corsi gratuiti o semi-gratuiti e preoccupano non poche Università ed enti di formazione. Andate a vedere Aba –la fantastica piattaforma per imparare l’inglese a costo quasi 0 che renderà obsolete le scuole di inglese tradizionali ‘in presenza’…  e potremmo continuare all’infinito.

Mi preme sottolineare alcuni ‘concetti’ alla base dei futuri trend:

  1. Disintermediazione. Chi si incazza- giustamente o meno ma sempre con le proprie ragioni- taxisti, albergatori, banche, agenzie,  è perché ‘saltato’: l’innovazione sociale porta ad una forte disintermediazione  anche da poteri forti come quello di banche e finanza: il prestito o i soci me li cerco in rete nella comunità che ruota attorno alla piattaforma. Saremo ‘ConsumAttori’ o ‘Prosumer’, come di dice. Per chi è interessato vedere anche mio libro sul tema della Social Innovation.

Con una notevole esagerazione, per chiudere questo punto,  le stampanti 3d sono chiamate alla base della ‘terza rivoluzione industriale’, l’era in cui ognuno di costruirà le cose che necessita da solo. E’ una esagerazione giornalistica,  ma qualcosa rimarrà. 

  1. Massa critica: Man mano che poche start up sopravviveranno consolidandosi, si svilupperà una massa critica sufficiente per scambi e servizi all’altezza.

Questo sarà veramente ‘disruptive’, come di dice- e molto utile e piacevole per tutti noi. 

  1. Rimuovere i vincoli. Tale consolidamento sarà possibile solo se si rimuoveranno vincoli ‘di sistema’, burocratici, di autorizzazioni etc,, in linea con un’economia ‘sharing’ e non gestita in esclusiva  da ‘attori licenziatari’.

A proposito, che facciamo per le licenze aeree dei Droni, visto che tra un po’ ne avremo almeno uno a  testa… o in testa J? Con Forum PA ed altri partner abbiamo presentato qualche mese fa al Ministero della Pubblica Istruzione alcune ‘raccomandazioni’ sulla rimozione degli ostacoli  che possono uccidere nella culla anche gli startupper più creativi.

Nell’incontro all’ambasciata ho sottolineato che, insieme alla rimozione di ostacoli, le startup hanno bisogno di clienti oltre e più che di incentivi economici. Questo vuol dire modifiche nel “public procurement”- nei rapporti tra Pa ed Aziende: negli Usa gli appalti pubblici devono destinare una quota obbligatoria per le start up.

Meglio clienti, investitori e competitions, che vecchi ‘bandi’ destinati ai soliti noti o la filantropia a perdere. E se li lasciamo lavorare in pace, spianando il terreno, forse si, i giovani e le loro startups cambieranno le città.

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