Una legge di 32 anni addietro – la numero 512 del 2 agosto del 1982 – avrebbe dato la possibilità ai contribuenti italiani di onorare imposte dirette e di successione, cedendo allo Stato beni culturali vincolati e nonAvrebbe dato perché fino a oggi quasi nessuno, e men che meno gli artisti, compresa la stragrande maggioranza dei loro tributaristi, era a conoscenza dell’esistenza di questa legge la quale, oltre ad alleggerire gli artisti almeno di una quota di tasse, avrebbe dato allo Stato l’opportunità di acquisire opere d’arte (leggi beni culturali) mediante l’applicazione di una norma attiva da lustri nei paesi civili e in Inghilterra, grazie all’Acceptance in Lieu, operante da un secolo e passa.

Diana Baylon (1920-2013) sulla sua Spirale Quadrata photo Gino di Paolo copyright Diana Baylon archive

Secondo Dario Pappalardo, bravo divulgatore di quanto accade nel milieu della così/detta arte con/temporanea, giusto su la Repubblica di ieri, a proposito della procedura legata a questa legge desaparecida, precisa che i beni culturali proposti allo Stato “devono prima essere sottoposti a una commissione formata da tre membri del Mibact – Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che con l’arte c’entra come il cavolo a merenda – e da tre rappresentanti del ministero dell’Economia e delle Finanze, ma che “in passato a questa misura si è fatto ricorso pochissimo” , visto & considerato che “l’ultima riunione della fantomatica commissione risale al 10 novembre 2010, quando si decise di acquisire Bianco e Nero, di Alberto Burri per 100 mila euro. E poi più nulla”.

In qualità di erede di Diana Baylon – amica di Alberto Burri, Bruno Munari & Lucio Fontana – e della sua collezione d’arte, ho la consapevolezza della procedura che comportò una donazione di alcuni suoi disegni a un museo di primaria importanza del Polo Museale Fi/renzino, dato che avendo seguito l’annosa procedura durata la bellezza di tre anni, prima che la donazione giungesse a termine, nonché un altro anno prima che il Mibact si decidesse a inviare il decreto d’accettazione delle opere donate, pervenne dopo altri mesi di attesa supplementare, visto & considerato che il suddetto documento si perse nei sonnolenti meandri della burocrazia ministeriale. Al quale mia madre ebbe l’ardire di rivolgere il suo indomito afflato dativo, non sfiancato dall’attesa che questa benedetta commissione si riunisse… alle calende greche.

E non è ancora finita. Perché alla scomparsa di Diana Baylon, seguita da labirintiche e defatiganti pratiche successive durate più di un anno, senza alcuna riduzione fiscale prevista dall’inapplicata legge 512, dovendo compilare la sua dichiarazione dei redditi, la sua tributarista ignara della fantomatica legge, mi comunicò che in qualità di erede avrei dovuto incassare nei successivi due anni – il condizionale è d’obbligo – tot euri relativi alla detrazione della donazione effettuata dalla cara estinta. 

Rendendomi conto di quanto sia deprimente addentrarsi in questi meandri linguistici e burocratici di pratiche tanto farraginose, immagino quanto possa essere tedioso perdersi nei suddetti labirinti.

Tornando al pezzo di Pappalardo, egli annota che le “richieste di cessione di opere d’arte, archivi, ville [e quant’altro] si sono affastellate sui tavoli del ministero fino a diradarsi (…) sospese da decenni”, visto & considerato che “nel frattempo la commissione non è stata più rinnovata e della legge n. 512 si era persa la memoria” & chi più ne ha più ancora ne metta.

Lo scorso 6 giugno il ministro Dario Franceschini ha firmato un decreto ministeriale che riattiverebbe la fantomatica commissione dell’altrettanto fantomatica legge 512 del 2 agosto del 1982. Sarà questa la volta buona? Chissà se chi vivrà avrà l’agio di vederne l’applicazione e non l’ennesima promessa non mantenuta, come insegna la realtà di questo Bel Paese… che non è un formaggio.

 

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