Lo si saprà solo tra una ventina di giorni. Ovvero quando si conosceranno gli esiti delle analisi del dna. Solo allora si potrà capire se quelle ossa bruciate, rinvenute tra un ulivo e un muretto a secco in una campagna alle porte di Bari, appartengono davvero ad Alessandro Leopardi, l’imprenditore che nel 2005 ebbe il coraggio di ribellarsi alle estorsioni di uno dei clan più temuti della zona, gli Stramaglia. Il padre di Alessandro è arrivato al Policlinico di Bari scortato dai Carabinieri. E’ rimasto pochi minuti, il tempo di consentire al medico legale Francesco Introna di prelevare la saliva per comparare il dna con quello che, a fatica, si tenta di estrapolare dalle ossa rinvenute. Nel frattempo, la moglie di Leopardi, Rossella, è stata nuovamente ascoltata dal pm della Procura di Bari, Manfredi Dini Ciacci, che coordina le indagini sulla scomparsa dell’uomo.

Capelli ricci, occhiali, espressione da brava persona. 38 anni, un vita dedicata al lavoro, alla moglie e alle due figlie di due e sei anni. Alessandro è descritto da tutti come “un bravo ragazzo” che mai si sarebbe allontanato senza avvisare. Rossella, 41 anni, di tre più grande del marito, non formula ipotesi, si barrica in un comprensibile silenzio. E’ stata lei a rientrare di corsa a casa, mercoledì primo ottobre, dopo aver ricevuto una telefonata da parte della scuola della figlia che la avvisava che la bimba era ancora lì, nessuno era andata a prenderla. Doveva andarci il papà. La corsa verso casa, la porta aperta, le pentole sul fuoco, il telefono di Alessandro sul tavolo. Ma di lui nessuna traccia.

Una vita lasciata improvvisamente in sospeso. Tracce fin troppo chiare per non allertare subito i Carabinieri della compagnia di Triggiano. Da allora tutti gli angoli di Valenzano e della zona sono stati battuti dagli investigatori e dai cani molecolari. Tabulati telefonici, messaggi, chiamate, tutto è al vaglio degli investigatori. Si cerca di capire chi, o cosa, abbia indotto Alessandro ad uscire di casa così frettolosamente da non spegnere nemmeno i fornelli. L’ipotesi è che si sia allontanato in macchina con qualcuno, tra mezzogiorno e le tredici. Gli inquirenti stanno ascoltando parenti e conoscenti, per tentare di capire se qualcuno ha visto qualcosa quella mattina o se il motivo della scomparsa possa essere riconducibile alla sfera privata. Nelle scorse ore sono stati effettuati anche nuovi sopralluoghi sul luogo del ritrovamento dei resti, nella speranza di scoprire ulteriori elementi.

Forse il pezzo di pneumatico ritrovato accanto ai resti potrà dire qualcosa di più. Sebbene non ci sia, ad oggi, la prova di un collegamento, il timore degli inquirenti, e della sua famiglia, è che Alessandro sia l’ennesima vittima della lupara bianca. Nel 2005, infatti, aveva sfidato a volto scoperto il can Stramaglia, denunciando le estorsioni di cui era vittima. All’epoca l’artigiano barese aveva 29 anni. Il suo coraggio permise ai Carabinieri di arrestare tre esponenti del clan, Michele Buscemi, Luca Masciopinto e Matteo Radogna. Quel gesto ebbe un prezzo. Alessandro e Rossella dovettero trasferirsi nelle Marche sotto un programma di protezione. Rimasero lì fino al 2011. La malavita, però, alle volte sa attendere. E per Alessandro potrebbe essere arrivato 3 anni dopo il momento della resa dei conti.

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