E’ questo (del 4 e 5 ottobre) il grande week-end del SiFest, il festival romagnolo dedicato alla fotografia e uno dei primi ad essersi mosso nell’underground fotografico italiano. Per questa 23esima edizione, Savignano Immagini Festival punta all’Italia e alla riscoperta del Bel Paese, alla ricerca o alla conferma di un’identità, in un momento storico certamente difficile e caratterizzato dalla stasi economica, culturale, politica e sociale. Una reazione culturale alla crisi che i giovani fotografi italiani dei collettivi hanno presentato in questa edizione mostrando tante facce dell’Italia, come l’esperienza raccontata da “Terra Project” progetto fotografico ed esperimento parallelo ad un libro autoprodotto e diviso in 4 volumi con una storia di accompagnamento scritta da Wu Ming 2 (del collettivo di scrittori italiani Wu Ming) per un’interpretazione del paesaggio italiano che rintraccia le cicatrici lasciate dai cinque dei principali terremoti degli ultimi 40 anni, per poi passare ad un racconto sulle città industriali più inquinate d’Italia, fino all’esplorazione del rapporto tra uomo e natura.

Un lavoro corposo e interessante (in mostra allo Spazio ex MirMar, via Roma 27) è quello proposto, nella stessa sede, dal collettivo “Synaps(ee)“, un’indagine sulla relazione tra una comunità ed il suo spazio, tra storia e suggestioni, che restituiscono uno spaccato toscano, dell’area di Baratti-Populonia. La ricerca fotografica è anche al centro dell'”Adriatic Project 12/14” un progetto di lettura dei territori litoranei che si affacciano sul mare Adriatico per realizzare un archivio di immagini (storico e sociale) utile alla diffusione delle ricerche su ampia scala, mentre la Romagna ritorna anche in “Along some roads” di Gerry Johansson (esposto allo spazio Paglierani) per un’indagine sulle varie facce del turismo.

“Nei ricordi che avevo di questa costa, alle spiagge infinite si contrapponevano i troppi alberghi e le orde di turisti sudati. Non ho mai compreso – dice Gerry Johansson – la necessità di spendere il proprio denaro per passare il tempo su di una spiaggia suburbana, con giostre e palme di plastica. Ma naturalmente questa è solo una faccia della medaglia. So, per esperienza, che le zone turistiche difficilmente si estendono in profondità per più di 500 metri dalla costa, lasciando alle loro spalle lo spazio per la natura, le strade e le autostrade e, cosa più importante, le stradine di campagna che attraversano il paesaggio”.

Una frase che lascia certamente spazio alla riflessione e che è stata forse base di partenza anche per molti altri progetti esposti in questa edizione del SiFest che non hanno indagato solo il paesaggio, ma anche il rapporto uomo-natura. Un chiaro esempio ripreso da Calamita/à che nella sede del MiraMar porta “Indagini e ricerche nei territori del Vajont” per approfondire i mutamenti, generare dibattito, rivelare criticità, attirare interesse e conoscenza attorno a un luogo ancora in via di definizione.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il progetto “L’Aquila 2013” dove, a quattro anni dal sisma che nel 2009 ha colpito l’Aquila e il suo territorio, il collettivo Confotografia sperimenta lo scambio di conoscenze tra fotografi e cittadini andando sui luoghi cari agli aquilani per un nuovo modo di vedere e ripensare la città a seguito di un disastro così grave, mentre “Tredici fotografi per un itinerario Pasoliniano” (al Monte di Pietà) presenta un’indagine lungo i paesi dell’antica ferrovia per descrivere l’odierna realtà con foto di Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Guido Guidi, Franco Fontana,…

Il paesaggio poi diventa punto d’approdo, indagine sociale per “Four nights and thousand lives” di Seba Kurtis che qui presenta ritratti di immigrati clandestini che dall’Albania arrivano – via mare – a Cesena, Rimini, Savignano sul Rubicone. “Le fotografie di questo progetto – si legge nella presentazione – possiedono bellezza e schiettezza e fanno sorgere il desiderio di conoscere più a fondo la vita del lavoratore immigrato, per capire se si tratti di una vita di tragedia, eroismo, fantasia o condanna”. Storie di minoranze etniche ritornano anche nel progetto Stefano Marzoli che in “The Oblivio Project” (Palazzo Martuzzi, Foyer) racconta il rischio dell’estinzione culturale delle minoranze, mentre Vittorio Mortarotti guarda fuori all’Italia. “The first day of good weather“, infatti, racconta la catastrofe terremoto di Miyagi e Iwate (Giappone) partendo da un pacco di lettere, corrispondenza adolescenziale del fratello e della sua fidanzata giapponese che inviò foto e cartoline per mesi dopo l’incidente.

Sfruttamento, mutamento culturale ed economico in Ecuador invece torna nel progetto di Pietro Paolini “Equilibrio sullo zero” (vincitore anche del Premio Pesaresi 2013) mentre Cesura porterà a Savignano “Russian Interiors” dove Andy Rocchelli ha scattato ritratti di donne in cerca di marito. Un progetto che si trasforma e che mette al centro la donna russa e la sua condizione. “Ad interessarmi di questo archivio fotografico che sta diventando sempre più ampio – diceva Andy – è la perdita di identità del soggetto. I cataloghi vengono solitamente utilizzati per vendere merci”. Una lunga carrellata di progetti, un punto di partenza su cui muoversi perché sono davvero tante le esposizioni che meritano di esser viste a questa 23esima edizione del Festival (le mostre comunque saranno aperte fino al 19 ottobre e si potranno seguire sui social con l’hashtag #sifest23) e a cui si aggiunge tutto un percorso Off, allestito in diversi punti della città, in cui si possono scoprire vere chicche e progetti in divenire da tener sicuramente d’occhio.

Articolo Precedente

Musica e comicità, il ritorno a teatro dei ‘Cavalli Marci’

next
Articolo Successivo

Teatro Argentina: l’universalità di Amleto

next